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Parigi. Pur di evitare un governo di sinistra ha mandato in tilt il sistema Ogni nome che propone, ultimo Beaudet, è bocciato in anticipo

Macron prende altro tempo. La Francia senza primo ministro Emmanuel Macron

Ancora una lunga giornata di attesa, a quasi due mesi dal voto delle legislative, dove il Nuovo Fronte Popolare è arrivato in testa, pur senza maggioranza assoluta. Nel pomeriggio, è spuntato un nuovo nome per la carica di primo ministro, dalla società civile: Thierry Beaudet, maestro elementare, di sensibilità di sinistra, che è stato alla testa della Mutualité, ora presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese), che ha organizzato con grande competenza i dibattiti cittadini sul clima e la fine vita, che hanno permesso discussioni nella calma e nel rispetto reciproco tra persone di opinioni diverse. La prospettiva macronista è sempre quella di “grande coalizione repubblicana”, che la sinistra respinge (e da cui la destra si ritrae). Subito sono venute forti perplessità, anche a sinistra (sulla competenza di Beaudet, l’incertezza sul programma), ma soprattutto sul metodo: prima un programma, poi un nome.

Emmanuel Macron, che in una situazione politica confusa sta recitando una parte da protagonista invece di limitarsi a fare da arbitro, ha difficoltà a trovare la quadratura del cerchio: nominare un primo ministro che non si faccia votare subito la “censura” dalla nuova Assemblée Nationale divisa in tre blocchi. Una ricerca che l’Eliseo giustifica con la necessità di garantire la “stabilità”, mentre ogni nome proposto sta suscitando reazioni negative da parte degli schieramenti rivali e subisce preventivamente minacce di bocciatura.

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MA IL TEMPO STRINGE, la sinistra è sempre più spazientita, mentre il padronato preme per non cambiare la supply side economics e più passano i giorni più Macron si indebolisce. Oggi potrebbe arrivare la scelta. Ieri c’è stata una sfilata di personalità all’Eliseo. Per primo Bernard Cazeneuve, che è stato ministro e primo ministro con Hollande, ma dal 2022 ha preso le distanze dai socialisti: sono i suoi ex amici a frenare questa candidatura, nel week end agli incontri di Blois del Ps il nome di Cazeneuve è stato fischiato, la direzione di Olivier Faure non è intervenuta in sua difesa. Mathilde Panot capogruppo della France Insomise ha ripetuto ieri che qualsiasi governo che non sia quello guidato da Lucie Castets sarà “censurato” immediatamente. Cazeneuve è sostenuto dai socialisti dissidenti rispetto alla direzione Faure, si tratta di leader locali (sindaci, la presidente della regione Occitanie), mentre non c’è un vero sostegno tra i deputati Ps (65), eletti grazie all’alleanza Nfp.

Poi sono stati ascoltati all’Eliseo gli ex presidenti, François Hollande e Nicolas Sarkozy, che continua a fare pressione per un primo ministro di destra, mentre Lr frena, perché il leader Laurent Wauquiez vuole preservarsi per la corsa all’Eliseo del 2027 senza sporcarsi le mani con la partecipazione a una coalizione governativa. Poi è arrivato Xavier Bertrand, presidente della regione Nord-Pas de Calais (Lr ma con qualche distanza), altro nome che è circolato per Matignon. A fine pomeriggio, è stato il turno di François Bayrou, il guru “centrista” del MoDem, del primo ministro dimissionario, Gabriel Attal, che assicura “responsabilità” e “senso dello stato” per gestire gli affari correnti, seguito da Stéphane Séjourné, ministro degli Esteri e capo del partito di Macron. In ultimo è arrivato Gérald Larcher, presidente del Senato (Lr). Ma intanto il governo dimissionario è obbligato a prevedere di rimandare la presentazione del progetto di legge di bilancio 2025, che dovrebbe arrivare in Parlamento il 1° ottobre, un ritardo inedito nella V Repubblica. Il padronato è in allarme, teme l’incertezza e lo spread sul debito. Oggi, le organizzazioni delle imprese (Medef e pmi) sono ricevute all’Eliseo.

IERI, INTANTO, molte voci si sono di nuovo elevate per chiedere la convocazione di una “sessione straordinaria” dell’Assembleé Nationale, che dovrebbe riunirsi solo il 1° ottobre, lasciando quindi per un mese una vacanza di potere che complica l’equazione politica. Finora questo vuoto ha frenato la nomina della candidata proposta dal Nuovo Fronte Popolare, Lucie Castets: Macron teme che Castets, prima di crollare sotto il voto di censura, approfitti del mese di settembre per far passare, con dei decreti, una serie di misure per disfare tutto quello che è stato fatto negli ultimi sette anni, dalla riforma delle pensioni alla soppressione dell’Isf (la patrimoniale, ora in vigore solo sull’immobiliare), decidendo contemporaneamente di alzare il salario minimo a 1.600 euro e dei tagli drastici alla politica pro-business.

La sessione straordinaria è richiesta dal Rassemblement National, da Europa Ecologia, dal Pcf, anche dalla presidente dell’Assemblea, Yaël Braun-Pivet (Ensemble). Non è solo il presidente ad avere il potere di convocare una sessione straordinaria, i deputati possono “auto convocarsi” (ma mettersi d’accordo preventivamente)