Pd. Una legislatura proporzionale è il passaggio necessario, sganciandosi dal disegno di Renzi per aprire il nuovo campo con la legge elettorale. Adesso tocca al M5S, una fase è finita, i pentastellati vanno sfidati sul terreno delle proposte, aiutati su quello del governo, ascoltati su quello del futuro da costruire
Il Pd è di Renzi. In alcuni circoli hanno partecipato pochi e votato molti, in altri tutti per Renzi, oppure gli iscritti sono lievitati all’ultimo giorno. Anomalie di un sistema non regolato bene, ma accettato.
Vittoria netta con 141.000 voti che hanno incoronato Renzi. Altrettanto netto è anche il senso politico: la lunga mutazione renziana è compiuta, il Pd con la R o senza è questo, il referendum, pur segnando una sconfitta, ha ricompattato quel che restava, la massiccia vittoria a Roma dell’asse Renzi-Orfini su quello Orlando-Bettini-Zingaretti dimostra che non ci possono essere parti in commedia che si improvvisano all’ultimo minuto come nel teatro pirandelliano.
Insomma la lunga evoluzione della più grande struttura partitica organizzata – che non a caso molti percepiscono ancora come la prosecuzione-evoluzione del Pci, con i connessi aspetti della trasmissione del culto del capo e del senso della comunità che non si deve dividere – hanno portato qui: il Pd è questo e con esso, piaccia o no, dovranno fare i conti coloro che pensano di riproporre un nuovo centro-sinistra, anche se hanno giudicato Renzi uomo divisivo o uomo-killer del centro-sinistra.
QUESTE PRIMARIE POSSONO rilanciare un leader, ma non rigenerano la democrazia.
Il 30 aprile i numeri si moltiplicheranno per tre o quattro, ma l’esito è scontato. Competitors e media ce la metteranno tutta per aumentare l’audience, ma non saranno i titoli e l’attenzione morbosa delle telecamere a superare la stanchezza ed a scaldare i cuori della gente. I voti potranno diventare mezzo milione, ma daranno l’investitura al leader di un partito del 30% e non si tradurranno in una maggioranza di governo certa.
Insomma c’è una bella sproporzione tra questo rito delle primarie, per il quale comunque va dato atto al Pd di provarci, e l’assetto democratico del nostro paese nel quale la vita dei partiti non è regolata come la Costituzione prevede e le continue scorciatoie maggioritarie servono ad inventare di volta in volta il sistema migliore non per i cittadini, ma per i partiti prevalenti. Nessuno lo dice, ma tutti lo sanno che ci stiamo preparando ad una legislatura di transizione.
Accade ormai anche in altri paesi che le elezioni non risolvano il problema della governabilità ed è più che naturale che ciò accadrà in Italia dove abbiano un sostanziale tripolarismo, ma nessuna area è disposta ad allearsi con l’altra. Finora perlomeno.
ADESSO PENSO TOCCA PROPRIO al M5s. Esso fino ad oggi è stato trattato come se fosse solo il prodotto degli errori della vecchia classe dirigente. In parte è così e non c’è dubbio che avendo raccolto un malessere che poteva prendere lidi più estremistici e pericolosi esso ha contribuito a salvare la democrazia da derive pericolose.
Ma quella fase è adesso finita: con e di questo movimento, adesso che è diventato la prima forza politica del paese, bisogna parlare diversamente anche a cominciare dai temi della democrazia.
Le modalità sperimentate ed in corso di aggiornamento con la nuova piattaforma partecipativa hanno criticità evidenti: numero ed oggettiva selezione dei partecipanti, flessibilità delle regole che vincolino risultati e decisioni, confusione tra esigenze di garanzia e libertà di espressione. Altro si potrebbe dire, ma ergersi a giudici di questi tentativi di sperimentare forme nuove di democrazia di rete da parte di chi pratica la democrazia delle cordate e della trasmissione del potere mi sembra troppo e bene farebbero anche molti ex Pci a ricordare che il Berlinguer riflessivo del dopo compromesso storico aveva intuito la portata straordinaria del computer per l’evoluzione della società e della partecipazione, intuizione abbandonata come quella dell’austerità connessa ad un diverso modello di sviluppo.
Adesso il M5s sta davanti ad una fase nuova della sua vita che impone una svolta in termini di pensiero e cultura di governo. Le esperienze di governo locale stanno mostrando oggi tutti i limiti di una forza che arriva improvvisamente ad assumere responsabilità di governo proprio in una fase di svuotamento dei poteri degli enti locali e di forti vincoli di austerità ai governi nazionali. Additarli a fascisti guidati da un guru va bene per chi vive di confronto muscolare tra populismi, ma non aiuta una evoluzione positiva ed un nuovo clima di dialogo di cui il nostro paese ha bisogno. Questo movimento va sfidato sul terreno delle proposte, aiutato su quello del governo, ascoltato su quello del futuro da costruire.
ULTIMO PUNTO. DAVANTI ALLA sinistra multipla di oggi stanno oggi due scelte: perseverare in politiche di alleanze di piccolo cabotaggio accodandosi al disegno renziano vincente ed accettando i ruoli di supporto che il leader rilegittimato vorrà offrire o, al contrario, riaprire il gioco a tutto campo a partire dalla legge elettorale. Una legislatura proporzionale è il passaggio necessario. Ricostruire la politica nel senso nobile del termine, rigenerare un’area di pensiero e sociale attorno al tema della redistribuzione del reddito e del lavoro, redistribuire tra paesi ricchi e paesi poveri per governare e civilizzare i flussi migratori è la sfida alta che abbiamo davanti.
Proviamo a proporre questo ai giovani ed ai movimenti sociali e politici, aprendoci al dialogo ed alla collaborazione. Il futuro deve ancora cominciare e non è mai troppo tardi.