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Il 17 aprile si vota per ripristinare l'estrazione a tempo determinato di idrocarburi entro le 12 miglia marine. Infatti, in una norma del cosiddetto "Sblocca Italia" (ribattezzato più opportunamente "Rottama Italia"), il governo Renzi ha liberalizzato la possibilità di estrarre petrolio e gas fino ad esaurimento, in quegli impianti che stanno oltre il limite delle 12 miglia.
Votando Sì, si impedirà l'utilizzo fino ad esaurimento di quei pozzi, votando No o astenendosi (ricordiamo che il referendum è valido se si presenta a votare il 50% +1 dei cittadini aventi diritto), si acconsentirà all'estrazione vita natural durante da quei pozzi. 
Il 17 aprile io voterò Sì 
Nel dicembre dello scorso anno, a Parigi i grandi della Terra hanno concordato sul fatto che se il pianeta continua a riscaldarsi. Dobbiamo aspettarci inevitabilmente mutamenti climatici che producono catastrofi naturali e di conseguenza disastri economici e sociali. I governi mondiali hanno condiviso le preoccupazioni della comunità scientifica che segnala da diversi anni come occorra limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5-2 gradi centigradi. In caso contrario quelle catastrofi saranno inevitabili. Per contenere il riscaldamento globale occorre limitare gradualmente l'energia prodotta dagli idrocarburi (gas metano e petrolio in primis), favorendo la transizione verso fonti di energia più pulita. Il provvedimento dello Sblocca Italia che il referendum vuole abrogare va nella direzione opposta rispetto a quella di una diminuzione del riscaldamento del pianeta, contraddicendo gli impegni presi dall'Italia a Parigi, perché procrastina l'estrazione di idrocarburi e ritarda in maniera significativa la fase di transizione verso energie più pulite quali il solare, tanto per fare un esempio. 

La transizione verso l'utilizzo di energie più pulite e meno inquinanti deve rappresentare l'obiettivo principale per politiche energetiche ed economiche sostenibili. Chi sostiene ed appoggia le ragioni del Sì, non pensa di interrompere l'estrazione degli idrocarburi tou court, bensì di avviare quel processo di cambiamento in termini di emissioni di CO2 necessario per la salute di tutti. Una cosa che non mi è chiara, sono le ragioni di coloro che intendono ritardare questo tipo di cambiamento. O meglio, posso capire le ragioni dei petrolieri e dei loro amici politici (il caso Guidi è un esempio più che paradigmatico). Mi è più difficile comprendere le ragioni di quei cittadini che, di fronte all'evidenza di dati scientifici inoppugnabili, li negano o minimizzano tirando in ballo argomenti quali l'occupazione. 
Ecco, su quest'ultimo aspetto occorre a mio avviso fare chiarezza. Nessuno pensa che la conversione da un modello energetico all'altro sia una cosa facile, tuttavia occorre ricordare che il settore oil&gas è in crisi da tempo, come certifica niente di meno che il Fondo Monetario Internazionale. E dato che le prospettive, legate ad un abbassamento del prezzo del petrolio, non sono di una ripresa, il referendum potrebbe essere una seria opportunità che impegni governo ed operatori del settore affinché venga progettata una nuova strategia energetica nazionale, in coerenza con gli obiettivi di Parigi, con ricadute occupazionali più che apprezzabili, se progettate per tempo. 

Rispetto a quest'ultimo argomento, mi permetto di segnalare una contraddizione. Uno degli argomenti sostenuti da Eni, che è ovviamente una delle parti in causa, è il rischio di perdita di posti di lavoro nel settore estrattivo, nel caso vincessero i Sì. Peccato che la stessa multinazionale minimizzi e non abbia la stessa preoccupazione riguardo ai livelli occupazionali per ciò che concerne la vendita della sua più grande azienda, Versalis, ad un fondo d'investimenti americano. Non si capisce come mai Eni dovrebbe temere per il destino dei propri dipendenti il 17 aprile, e poi comportarsi come se questi non esistessero o fossero dei fastidiosi interlocutori quando si tratta di argomenti diversi dal referendum gli altri 364 giorni dell'anno. In realtà, lo si capisce benissimo. 

Infine spesso si è detto che il governo, boicottando la consultazione, sta agendo a tutela dell'interesse nazionale. A mio avviso è vero il contrario: l’interesse nazionale si tutela proteggendo la salute e un'occupazione che non favorisca un modello di sviluppo inquinante ed economicamente non sostenibile. I tanto denigrati "comitatini" di ambientalisti si sforzano, al contrario del governo Renzi, di farsi portatori degli interessi di una intera comunità nazionale, mentre l'affaire Guidi ci ricorda che lo sviluppo economico in questo paese significa, sempre più spesso, spartizione di denaro e favori tra industriali e politici, meglio se imparentati tra di loro.

Andrea Mingozzi

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Cosa ripropongono le due vicende interne al Pd renziano (intervista a D'Alema e gruppo Bersani a Perugia) da una parte e, al futuro del nascente soggetto di sinistra alternativo al Pd dall'altra? Uno schema di ragionamento che sembrerà rigido ma necessario per dirimere le varie opzioni in campo. 

È fallito per il Pd, il disegno di un grande partito di centrosinistra. Divenuto solo di centro. Ogni alternativa radicale al renzismo, interna al Pd, è fuori dal possibile reale. Renzi non è una “variabile temporanea interna”. È la sua natura, più o meno intercambiabile. Ma strutturale ed organica. Il conflitto attuale tra renziani e minoranze, non è segnato tanto su politiche e identità opposte e alternative. È un conflitto sul come e quanto “dosare” la sua trasformazione. E ogni mediazione interna ha una conclusione tracciata e determinata, ma unilaterale a favore di Renzi e del suo modello di partito e di governo. Vediamola in sintesi:
Nel partito c'è una direzione ermetica e chiusa ad ogni sintesi unitaria.
Nel parlamento c'è il ricorso al voto di fiducia ormai percorso normale, in sostituzione di ogni dialettica democratica parlamentare.
Nelle istituzioni: esempio classico, l'invio dei consiglieri comunali romani dal notaio per firmare l'impegno alle dimissioni per far cadere un sindaco sgradito. Oppure, le ultime vicende “primarie”, con il partito schierato su candidature blindate su un solo concorrente particolarmente voluto dal segretario del partito. Forma che mette i candidati in posizioni di partenza differenziate e quindi, senza competizione paritaria. Non conta il programma dei singoli, ma il supporto del partito locale e nazionale.

Renzi non è “un passaggio del Pd”. È la sua conclusione mutativa. Ogni dialettica interna sarà subordinata a questa conclusione. Per inciso: quanto avviene nel Pd, non è incidente solo all'interno del partito. Lo è tanto più nel rapporto con gli alleati che agiscono lealmente. Perché, gli alleati di provenienza destrorsa, hanno sempre il potenziale uso del ricatto della caduta del governo a portata di mano. Lo si è visto con la vicenda Cirinnà.
Cosa comporta questa mutazione renziana del Pd, rispetto la possibile ricostruzione del centrosinistra, come progetto di governo? La sepoltura dell' “Ulivo” è fatto scontato. Quale possibilità esiste per la sinistra reale (quella fuori dal Pd) di essere forza di governo “nel governo”. E come può esserlo invece, “di governo”. La distinzione è abbastanza chiara.
La “spallata” di D'Alema e il diversivo perugino della sinistra interna, pur separate, ripropongono lo schema del vecchio centrosinistra. 

L'ipotesi altra, di una sinistra “di governo” disegna una sinistra con un progetto autonomo, innestato sui bisogni popolari e sulle soluzioni, che ha il proprio radicamento nei conflitti sociali e nei movimenti e realtà organizzative e associative nel volontariato, che li ispirano e li rappresentano. Lavorando per riconsegnar loro, piena autonomia dal controllo spesso coercitivo dei Pd locali. Un controllo esercitato in alcune province, anche sull'Anpi. Specie dove è forte e presente nella coscienza antifascista della gente.
Una sinistra che guarda ad un elettorato deluso non solo dal Pd, ma dal centrosinistra incapace di ribaltare i segni del berlusconismo.
Una sinistra che guarda e si rivolge ad un elettorato ormai organicamente fuori dal consenso al centrosinistra, ma che si aggrega sulle forze della rottura degli schemi tradizionali di governo.
Una sinistra che non si coalizzi per vincere le elezioni (che poi perde) e per agire, ben che vada, in subordine al partito maggiore. 

La sinistra da ricostruire è quella di una forza che propone un contrasto radicale al liberismo dei grandi poteri economico-finanziari forti: in Italia come in Europa. Che riesce ad incidere nei rapporti di forza sociali. Migliorando la condizione di vita popolare, anche se non partecipa direttamente ai governi. Vale la pena ricordare che, la sinistra, ha ottenuto i maggiori risultati riformatori (lavoro-sanità-diritti civili e molto altro ancora) indipendentemente dalla partecipazione al governo, ma con una solida battaglia nel Paese e nel parlamento. In sintesi: una sinistra che interpreta interessi sociali alternativi a quelli praticati da Berlusconi, continuati da Monti e Letta ieri e da Renzi oggi. Un ritorno a Berlinguer dei “cancelli alla Fiat e del referendum scala mobile”. Quelle lotte non furono vincenti, ma impedirono a Confindustria a Craxi di sferrare l'attacco a fondo e risolutivo al mondo del lavoro, che procedeva a tappe forzate.
Queste varie ipotesi in campo non dividono solo il Pd. Dividono anche parte della sinistra esterna. A Ravenna, nelle elezioni comunali prossime per esempio, la sinistra sperimenta un suo percorso  autonomo e alternativo al Pd. È , per inciso, la mia scelta personale e di molti altri, come si nota bene. A Milano si sono fatte scelte diverse. Quella di Ravenna è chiara e netta. Quella di Milano invece, non è senza ostacoli e piena di inevitabili contorsioni dall'una e dell'altra parte.

Germano Zanzi

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18 Febbraio 2016
Il governo torna alla propaganda e io - da libero cittadino - rispondo.
L' Inps registra nel 2015, 606 mila “nuove posizioni di lavoro". Sono la somma di assunti a tempo determinato, a tempo indeterminato e apprendisti. Non si trascuri il fatto che la crescita di contratti a tempo indeterminato, si verifica con assunzioni a tempo parziale (orari e salari ridotti) e non per scelta del dipendente e che, la media retributiva è scesa del 2%. Il tipo di affido di lavoro che cresce a livello di Boom e quello che porta il nome di voucher (+66%) (scritto in inglese fa più figo) ma si tratta - come vedremo - solo di “buoni” da 10 Euro, con cui si comprano lavoratori, per un affido breve di lavoro. Si tenga conto (lo dice l' Inps) che alla fine del mese di dicembre sono state fatte 272.512 assunzioni, per evitare la scadenza dell' incentivo contributivo del 100%, per tutto il triennio a venire. Quindi, non per creare posti di lavoro ma per speculare su risorse pubbliche. Un' accelerazione che rischia di mandare in tilt la copertura finanziaria dell' intero triennio. (Dati Adapt: associazione di ricerca fondata da Marco Biagi).
C' è, infine, il dato più significativo da considerare. La ripresa economica è largamente insufficiente per garantire il mantenimento occupazionale dato, (non parlo di incremento) non è stabile.
Misuriamo la concretezza delle conseguenze della propaganda governativa sulle sue misure “miracolistiche” in materia di occupazione e lavoro.

La realtà. Quando un' azienda assume solo in virtù del fatto che, lo Stato, copre parte del “suo” naturale costo del lavoro, non si pone l'obiettivo di creare posti di lavoro stabili e svolto in condizioni rispettabili. Mira solo ed esclusivamente al guadagno immediato senza rischi e senza vincoli sociali di sorta. La cosa è confermata dal calo notevole di assunzioni o trasformazioni di contratti già nei primi mesi del 2016. Calo dovuto al fatto che, per il 2016, l' incentivo contributivo alle imprese, viene ridotto del 50%.
Chi difende le misure del governo come il Jobs act, smentisca con i fatti e non con storielle quanto ho scritto. Facciamo un ragionamento che consideri ogni aspetto del quadro presentato. Nonostante il J. act, o forse maggiormente proprio in virtù della sua esistenza, la consistenza dell' affido di lavoro tramite il voucher (si acquista al negozio come si prende un caffè al bar) destruttura il sistema impresa. Chi assume lavoro attraverso questa modalità, oltretutto incivile, perchè ingaggia lavoro umano come fosse un qualsiasi mezzo meccanico da noleggiare, non si preoccupa di creare una impresa con un progetto di continuità produttivo-sociale. Ha bisogno di avere un profitto senza vincoli sociali e lo ottiene con pochi rischi. Assume commesse per avere profitto e lo ottiene senza obblighi di altra natura. Crea anche un contrasto devastante per un sistema di competizione legittima tra le imprese, stimolando quelle sane a ricorrere a sistemi illegittimi per sostenere la concorrenza.
Le conseguenze della propaganda del governo? E' presto detto. Si stimola l' impresa a ricorrere allo stratagemma di un mercato del lavoro sempre più precario e incivile. La “buona impresa” non è più quella che ci mette del suo e rischia per un guadagno legittimo dovutogli e che rispetta la persona. NO! Si invita il sistema imprese ad essere sempre meno soggetto sociale utile al Paese e sempre più orientata a sfruttare il lavoro umano. Certo, queste conseguenze oggettive non si misurano in percentuale. C' è un dato di cui, il governo dovrebbe considerare compito primario di una Stato serio e mettere tra i programmi di rilancio dell' occupazione. Il dato crescente di introduzione di tecnologie sempre più sofisticate che sostituiscono la mano d' opera umana. A questo dovrebbe pensare il governo: convocare le parti sociali e iniziare ad imbastire tavoli efficienti per la ridistribuzione e riduzione degli orari di lavoro.
Post.
Stamane ho letto un Facebook di Renzi sull'argomento. Ci sarebbe da ridere, se fosse di Crozza. Ma è del presidente del consiglio. Quindi.............
E con questo, mi autocandido a “Gufo”.

Germano Zanzi

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Rilanciamo una stimolante riflessione di Beppe Casadio, ricevuta attraverso la mailing list, su un tema di grande attualità.

C'é un tema che domina da qualche settimana le cronache politiche con inusitata asprezza. Non è nuovo; nuova è la veemenza con cui gli attori reggono le rispettive parti. Mi riferisco alla polemica fra Renzi e l'Europa; o meglio: alle invettive che il nostro Presidente del Consiglio indirizza a molti vincoli che dalle autorità europee derivano alle scelte del suo Governo. E' trasparente, a volte del tutto esplicito, chi ne siano i destinatari: Frau Merkel, il Presidente Junker, innanzitutto. Che si tratti di banche, di vigilanza sui bilanci nazionali, di sostegno agli investimenti, di politiche immigratorie o altro. Politiche di rigore piuttosto che promozione della crescita, per dirla con sintesi estrema.
Il problema è reale e tutt'altro che nuovo. Inoltre le parole d'ordine sostenute dal nostro, su molti di questi punti di merito, appaiono condivisibili e, non da oggi, sostenute da gran parte della miglior cultura politica ed economica; perché dunque stupirsene? Dove sta l'anomalia? Verrebbe da dire: bene! siamo d'accordo.
Invece c'è qualcosa che non convince, che puzza di opportunismo.

Non si tratta di un sospetto viziato da pregiudizio nei confronti di chi guida il nostro Governo, né di insofferenza per i suoi modi da bulletto di provincia. Basta ripensare a come sono andate le cose nel corso degli ultimi due anni.
Il PD guidato da Renzi ottenne un risultato ottimo, quasi insperato, alle elezioni europee del 2014; tanto più positivo se confrontato con i risultati degli altri principali paesi europei.
Dunque Renzi poteva - e doveva - porsi in quel momento come capofila delle forze progressiste d'Europa; in tale veste avrebbe dovuto promuovere e farsi immediatamente portatore di una strategia di rilancio della identità

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15 disoccupati
Siamo arrivati all'epilogo, dopo mesi di bugie e prese in giro da parte della dirigenza 3c che più volte ha provato a smentire i nostri timori di perdere il posto di lavoro facendo pubblicare il falso sui giornali nascondendosi dietro il nome dei sindacati senza nemmeno avere la decenza di metterci la loro faccia, il 4 gennaio 2016 ci sono state recapitate le lettere di licenziamento.
Per tutto il 2015 hanno continuato a scaricare colpe su chiunque prima alla Mercatone Uno poi ai relativi commissari poi al liquidatore e infine, per quanto riguarda il nostro licenziamento, al nuovo socio entrante come se tutto quello che ė accaduto sia dipeso solo ed esclusivamente da cause esterne, beh si sono dimenticati di dire che ci hanno messo anche  del loro con un modo di agire durante tutto l'anno  a nostro parere alquanto approssimativo e che però è stato sicuramente funzionale per il raggiungimento di un loro vecchio scopo che ci palesarono anni fa cioè licenziare tutti i magazzinieri e obbligare chi voleva essere restare a farlo tramite una cooperativa in modo da non avere più problemi con eventuali dipendenti.
A tale proposito vorremmo sottolineare che grazie alla presa di posizione di alcuni di noi che si sono messi in testa di fare valere i nostri diritti portando a conoscenza dei fatti i cittadini tramite i giornali e partecipando al consiglio comunale dello scorso 28 novembre dove ci fu scattata una foto (ricordatevela) mentre eravamo in prima fila, abbiamo ottenuto di fare assumere chi resterà dalla Coop Facchini di Faenza con la quale abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto di lavoro.
Ora possiamo immaginare che proveranno a smentirci anche questa volta  (toccherebbero veramente il fondo ) dicendo che hanno assunto più persone possibili e che gli esclusi hanno rifiutato volontariamente la cooperativa ma la realtà è che, a parte un paio di Persone che si sono auto escluse per il disgusto provato dovuto al trattamento ricevuto dalla dirigenza cioè coloro che ci dicevano che "eravamo  tutti una famiglia", tutti gli altri sarebbero anche stati interessati a trattare ma siccome sono presenti nella sopracitata fotografia non sono nemmeno stati presi in considerazione e non gli è stata data nessuna possibilità di scelta. Facciamo presente che alla apertura della 3c Casa l'11gennaio c' erano al lavoro in magazzino oltre ai nostri ex colleghi che hanno ceduto al ricatto  anche sei o sette elementi di un'altra cooperativa, che costa meno, al nostro posto tutto questo probabilmente per dimostrare la loro coerenza fino in fondo!
Ci avevano detto che chi avesse accettato la Coop avrebbe avuto lo stesso trattamento contributivo e invece sono stati in parte declassati  tutto questo lo hanno fatto negando un incontro richiesto dai sindacati il 29 dicembre proprio per negoziare i contratti! Complimenti! Ci avevano detto che avrebbero richiamato almeno dieci di noi e invece ne hanno richiamati solo sette, va bė in definitiva un mucchio  di balle come al solito e se questi sono i presupposti per la partenza di un nuovo ciclo lavorativo!
Detto questo ringraziamo tutti i giornalisti che ci hanno pubblicato e i lettori che in questi mesi hanno sopportato i nostri sfoghi e ringraziamo allo stesso modo il Sindaco, la giunta comunale e tutti gruppi consigliari per essersi interessati a noi.
Chiudiamo dicendo che noi sicuramente  ne usciamo a testa alta ma la nostra dirigenza? Ciao a tutti e grazie per la solidarietà dimostrataci e vi ricordo che noi siamo 15  disoccupati e se qualcuno ha modo di ricollocarci ė il benvenuto!

ex lavoratori della 3C

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Il futuro è di sinistra o non è!

Una sinistra che di mestiere fa la sinistra e non finge come chi ha la tuta della sinistra ma nella pancia ha budella di destra. 
Una sinistra che applica la “Costituzione più bella del mondo” e manda a casa chi la vuole stravolgere e gli fa da stampella. 
Una sinistra che dà al Paese una sanità che previene e cura malattie per tutti i cittadini. Che non sia un affare per alcuni privati, che arricchiscono sulle altrui sofferenze. Che sia quindi una salute pubblica e gratuita.
Una sinistra che dia servizi efficienti e non li riduca.

Una sinistra che non riduce le tasse a chi può pagarle. 
Una sinistra che tiene l'operaio tra le persone e non tra le merci. Che fa del lavoro una dignità e non un “mercato”.
Una sinistra che fa politiche di sviluppo per l' impresa e per lavoro dignitoso e che non fa regali al padrone. 
Una sinistra che tutela l' ambiente e lo ama. Che non lo consuma e lo distrugge.

Una sinistra che faccia vincere la guerra duramente condotta, tra la Terra con i suoi abitanti, contro il profitto che li distrugge entrambi.
Una sinistra che considera la caccia non uno sport ma un assassinio.
Una sinistra che porti più verde che non sia quello di Salvini. 
Una sinistra che dia una “buona scuola” ma che non sia quella di Renzi che buona non è. Che sia quella degli studenti, degli insegnanti, delle famiglie e dei cittadini. 

Una sinistra che non obbedisce all' Europa dei padroni, dei banchieri e dei ricchi, ma obbedisce a quella dei popoli. 
Una sinistra che non manda uomini e armi in giro per il mondo.
Una sinistra che accoglie ed aiuta chi arriva.

Se ho dimenticato qualcosa non chiedo scusa. Chiedo al popolo della sinistra di aggiungerla.

Questa sinistra è una utopia? Se così è, allora:  BUONA UTOPIA A TUTTI!!!

Germano Zanzi

 

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