“Oddio l’epidemia”. La storia è segnata dalle ricorrenti malattie infettive. Vere e, non di rado negli ultimi tempi, agitate come spauracchi per trarne profitti astronomici. Ieri erano l’asiatica, la Sars, l’H1N1, l’aviaria. Oggi è il turno dell’ebola. I morti dovuti a quest’ultima, stando alle stime più recenti, sarebbero attorno ai quattromila.
La malattia prende il nome dall’omonimo fiume nell’attuale Repubblica del Congo dove si sviluppò per la prima volta nel 1976. In quasi quarant’anni non è stato fatto quasi niente per combatterla: non c’è un programma internazionale coordinato teso a contrastarne la diffusione nei territori africani, né è stato messo a punto un vaccino.
Adesso i Paesi ricchi hanno paura e stanno stendendo un “cordone sanitario” attorno alle aree colpite. La paura, legittima, è che l’ebola si diffonda con conseguenze drammatiche.
Nel mondo muoiono di fame - i dati si riferiscono al 2013 - 24 mila persone al giorno, in maggior parte bambini. Ma la fame non è contagiosa e dunque quei morti non fanno notizia.