Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Le parole d’ordine della propaganda per il Sì al referendum sono smentite dall’analisi del testo delle riforma. Che il presidente del Consiglio fa difendere da un giurista già consigliere di Bossi e tifoso della devolution di Berlusconi

Ha mantenuto la promessa di essere demagogico Matteo Renzi, che ieri a Bergamo ha aperto la campagna elettorale del Sì quando mancano quattordici giorni alle elezioni amministrative e quattro mesi almeno al referendum costituzionale.
La comunicazione è assai ben studiata, si vede la mano del consigliere americano. Il discorso del presidente del Consiglio rimanda ai volantini diffusi dal Pd nei banchetti che raccolgono le firme per il Sì, alle schede sulla riforma pubblicate ieri dall’Unità e al materiale di propaganda diffuso dal sito Bastaunsi. Nel complesso sono tre i punti di attacco.

La riforma semplifica. La formula viene tradotta in altri slogan. «Chi vince governa per cinque anni». Un merito, nel caso, che si dovrebbe attribuire alla legge elettorale. Che, però, malgrado il super premio di maggioranza non può escludere cambi di orientamento dei deputati nel corso della legislatura (quel trasformismo che oggi consente al governo Renzi di andare avanti) e dunque non può impedire crisi di governo. «Basta ping pong delle leggi». Non è così perché i senatori-consiglieri regionali continueranno a votare le leggi (anche quelle costituzionali) e almeno quattro dei sei nuovi e diversi procedimenti legislativi prevedono un passaggio al senato.

La riforma favorisce la partecipazione. È vero il contrario, a partire dal fatto che

Commenta (0 Commenti)

Ripubblichiamo qui, traendolo da Ravenna & dintorni , l'editoriale di Federica Angelini perché pone in modo chiaro e diretto un problema che interroga innanzitutto la sinistra anche nella nostra città e, in genere, nella nostra regione.
Lo facciamo nella speranza di aprire un dibattito capace di approfondire gli argomenti sollevati che riguardano il rapporto pubblico-privato ed il futuro dei servizi pubblici. Si tratta di tematiche che sono rilevanti nel dibattito politico anche nazionale, ma cruciali per il soddisfacimento di bisogni ed interessi primari dei cittadini.

Hera, che modello si sta difendendo?
di Federica Angelini

La vicenda dei rifiuti non ha solo a che fare con un disservizio importante. Da come si uscirà da questa vicenda, e forse in qualsiasi modo se ne uscirà, potrebbe scaturire una riflessione sempre presente nel dibattito politico che per una volta potrebbe portare a conclusioni un po' diverse dal solito gioco delle parti forse anche dentro lo stesso .Pd.
Una riflessione politica che ha a che fare con il ruolo del pubblico e del privato, con la forma di Hera a maggioranza pubblica, ma una maggioranza divisa tra tanti soci di territori anche molto diversi, gestita come un'azienda privata. Vedere il sindaco che sbraita e chiede le scuse o il segretario del Pd tuonare (Mai più) rischia di apparire più come una dichiarazione di impotenza che altro.
In teoria, ci hanno detto in questi anni Hera è anche nostra. Ma la verità è che ormai questo essere anche nostra rischia di ridursi ai dividendi che produce ogni anno il pacchetto azionario in mano a Ravenna Holding (si noti bene, non al Comune di Ravenna, che ne è sì il socio principale ma non l'unico) e poco altro. La guida, l'indirizzo politico, dove sono? E a cosa servono?
il problema si pone in modo quanto mai articolato in previsione della grande gara quindicennale

Commenta (0 Commenti)

da "il manifesto" del

Renzi ci informa che nel giorno del ringraziamento i tacchini sono felici. Gli crediamo sulla parola. E forse, per come sono andate le cose, possiamo accettare anche l’idea che i senatori in carica siano tacchini. Ma che fossero felici nel cancellare il senato, dubitiamo assai. Il lancio della campagna per il sì nel referendum costituzionale ci ha dato un discorso in puro stile renziano, fatto di omissioni, bugie, pubblicità ingannevole, battute.
È omissione celebrare un parlamento che si è messo a correre. Renzi omette di ricordare che ha corso una maggioranza drogata dai numeri posticci di un sistema elettorale fulminato da una dichiarazione di illegittimità costituzionale. Che solo grazie a quei numeri le sue riforme hanno visto la luce. Che una minima decenza costituzionale avrebbe richiesto nuove elezioni con una legge depurata da quelle illegittimità. Che nonostante tutto questo solo il rinforzo dei voltagabbana ha consentito alla fine di radunare per le riforme una maggioranza occasionale e raccogliticcia. Che se anche vincesse il referendum, questo potrebbe consolidare lui nella poltrona di palazzo Chigi, ma non consoliderebbe una Costituzione delegittimata e divisiva per il paese.

È bugia prospettare la riforma come

Commenta (0 Commenti)

La partita petrolio non è chiusa. Forte presenza alle urne nelle aree più interessate dal problema.

Partono i ricorsi all’Europa

di ANTONIO CIANCIULLO

LEGGI  L'ARTICOLO SU REPUBBLICA.IT

 Il quorum non è stato raggiunto, ma il confronto che si è aperto attorno a questo referendum non lascerà le cose come prima.

Il primo commento del Comitato locale per il SI

LEGGI TUTTO SULLA PAGINA Fb

Commenta (0 Commenti)

Massimo Villone sul "Manifesto" del 13 aprile 2016

Legge costituzionale e referendum. L’obiettivo di verificare l’orientamento popolare sul merito delle nuove norme potrebbe essere anche comprensibile e persino meritorio: ma solo se si togliesse dal piatto la posta della crisi e dello scioglimento anticipato nel caso di vittoria dei no, e si rendesse ai cittadini la libertà di voto che si vuole con tale minaccia nei fatti espropriare.
Renzi chiude la discussione generale per il voto conclusivo sulla riforma costituzionale e per un attimo ci fa sognare. Promette risposte nel merito su ben venticinque punti. Ma, come sappiamo, di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno.

Comincia con uno scarico di responsabilità. Tutto parte da Napolitano, ampiamente citato: «un senatore senza il quale tutto questo passaggio non sarebbe stato possibile». Non è necessario entrare nelle polemiche su Napolitano, o in quelle odierne su Mattarella, anche richiamato da Renzi per il suo intervento alla Columbia University dell’11 febbraio 2016. Non è dubbio che il Capo dello Stato non possa nella specie andare oltre la moral suasion. Chi non è convinto può sempre dire no.
Renzi continua poi con gli argomenti già noti. Tutto è andato per il meglio, senza forzature, ed anzi i parlamentari «hanno dato una grandissima lezione di dignità al resto della classe dirigente … la politica quando è sfidata in positivo è capace di far vedere la pagina più bella». Ma davvero? Dignità o miserabile attaccamento alla poltrona? Perché allora le continue minacce sul votare secondo il volere del governo o tutti a casa? Perché imbavagliare chi ha osato alzare la testa? E vogliamo davvero credere che la pagina più bella rechi la firma di Verdini? O che venga da quella

Commenta (0 Commenti)

Costituzione. Una battaglia per indicare le nostre proposte e contrastare la vulgata del governo del cambiamento contro vecchi e nuovi guardiani dell’esistente
Gianni Ferrara su Il Manifesto 3 marzo 2016

Siamo vicini all’inizio della campagna referendaria sulla perversa deformazione del Senato. Per chi le si oppone, come a tutto il disegno devastante di Renzi, la lotta sarà durissima. È enorme il divario di forza tra i due schieramenti che si vanno costituendo. Variegati, come in tutti i referendum, lo è di più quello del No, il nostro. È perciò urgente non soltanto definire l’identità nostra di oppositori all’eversione renziana, indicando le ragioni del No, che, soprattutto su questo giornale, sono state esattamente enumerate e ampiamente motivate, ma, immaginando quali potranno essere le argomentazioni del Sì, per contestarle e rovesciarle.
Saremo certamente accusati di conservatorismo, immobilismo, passatismo, di sostegno ad apparati pletorici, inefficienti, costosi, inadeguati, irresponsabili ecc., di fonte ai quali poi …. si ergerebbe la modellistica istituzionale high-tech della onorevole Boschi. Renzi dirà che vogliamo mantenere intatto l’assetto istituzionale disegnato settanta anni fa, attribuendo, implicitamente o anche direttamente, a questo assetto la responsabilità dell’arretratezza del Paese, tacciandolo di inidoneità a reagire alla crisi economica, a fronteggiare i problemi reali come quello del precariato, della disoccupazione più alta d’Europa, della corruzione endemica, dei poteri mafiosi e quant’altro. Falso, certo. Ma il nuovismo è sciaguratamente penetrato nel senso comune ed ha gettato sulle istituzioni repubblicane la responsabilità dell’economia liberista, ha avvolto la democrazia costituzionale nell’ombra spessa della delusione.

Sarebbe perciò imperdonabile permettere che la sinistra referendaria possa apparire come tetragona guardiana degli assetti istituzionali esistenti, delle parole, degli accenti e delle virgole della Carta costituzionale. Perché non lo è, anzi, non può, non deve esserlo. Tanto più che dispone di un ricco patrimonio di proposte autenticamente riformatrici, quelle che, per riaffermare i principi della nostra Costituzione, perseguirne gli obiettivi, mantenerne le promesse, realizzare il compito della Repubblica, adeguerebbero perfettamente le nostre istituzioni alla fase storica del dominio del liberismo, della compressione dei diritti, del precariato, della disoccupazione permanente, delle ineguaglianze crescenti, del rischio incombente del collasso ecologico.
Dovremmo quindi indicarle. Perciò provo a sottoporre alla discussione un possibile quadro di proposte

Commenta (0 Commenti)