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Fronte orientale. Mosca non riesce a respingere l’incursione nel Kursk: già evacuati in 120mila, 12 morti
L’Ucraina: ora controlliamo mille chilometri di Russia Famiglie evacuate dalla zona di guerra in fila per ricevere aiuti umanitari nel Kursk foto Ap

Mentre le operazioni militari sul fronte di Kursk proseguono avvolte nella “nebbia di guerra”, una buona parte dello scontro si accende sul piano della retorica e della propaganda. Se Kiev continua a mantenere uno strategico riserbo sui propri piani, a parte l’annuncio del capo delle forze armate ucraine Oleksandr Syrsky di «avere sotto controllo mille chilometri quadrati di territorio russo», ieri il presidente della Federazione Vladimir Putin si è riunito con ufficiali della sicurezza e governatori regionali mentre la crisi nelle zone di confine sembra sempre più ingrossarsi. Secondo Aleksei Smirnov (governatore dell’oblast di Kursk), la cifra degli sfollati è salita a oltre 121mila persone, con 12 vittime fra i civili, 121 feriti e 2mila dispersi. Inoltre, circolano informazioni relative a un alto numero di soldati russi che si arrendono e vengono catturati dalle forze ucraine: alcune stime arrivano a contarne centinaia, e il canale del progetto per il trattamento dei prigionieri di guerra dell’esercito di Kiev ha diffuso un video in cui si vedono diversi membri del battaglione dell’ex-presidente ceceno Achmat Kadyrov nelle mani delle truppe avversarie.

«LE AZIONI del nemico riceveranno una risposta adeguata», è per ora il commento di Putin. Il leader del Cremlino ha provato a ribaltare l’impressione di vulnerabilità delle proprie linee difensive, dicendo che l’incursione nasce da una condizione di debolezza dell’Ucraina. «Il loro intento è quello di fermare la nostra avanzata nel Donbass e di rafforzare la propria posizione in vista di futuri negoziati di pace – ha affermato – ma è difficile sostenere colloqui con chi prende di mira la popolazione, le infrastrutture civili o cerca di minacciare la sicurezza delle centrali nucleari». Non sono mancate allusioni al coinvolgimento dell’occidente nel preparare l’operazione, con l’intento di destabilizzare la situazione interna russa. A questo proposito, le parole di Putin non sembrano presagire grossi sommovimenti ai vertici (ipotesi su cui si sta speculando da giorni, visto il chiaro fallimento delle forze armate della federazione nel prevenire la breccia ucraina e viste le accuse mosse da diversi blogger militari russi al capo di stato maggiore Gerasimov): il presidente ha esortato il ministero della difesa a respingere il prima possibile le truppe nemiche oltre i confini e ha affidato ai servizi di sicurezza dell’Fsb e alla Guardia nazionale compiti di antiterrorismo e controspionaggio.

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INSOMMA, massima coordinazione per contrastare un’emergenza ormai sotto gli occhi di tutti. Al momento, questo pare sicuramente essere un primo obiettivo centrato da Kiev: mettere sotto pressione Mosca, distogliere attenzione ed energie da altri punti del fronte e risollevare il morale delle proprie truppe. In particolare, l’elemento che sta forse più di tutti dando del filo da torcere al Cremlino è l’alone di imprevedibilità che sta mantenendo l’operazione: può essere che le forze ucraine provino ad approfondire la loro avanzata nella regione di Kursk, magari provando a occupare qualche posizione strategica di rilevo; può essere che si verifichino nuove incursioni più a sud, nell’oblast di Belgorod, da cui infatti si sta procedendo con evacuazioni civili oppure con manovre ancora più a sorpresa da altre parti che rischiano di ritrovarsi più sguarnite di uomini e mezzi dell’esercito russo. Verso sera Zelensky ha provato ad aggiungere carne al fuoco delle dichiarazioni: «24 anni fa si verificava il disastro di Kursk, che segnava simbolicamente l’inizio del dominio di Putin», ha detto il presidente ucraino facendo riferimento all’anniversario dell’incidente di un sottomarino militare russo nel Mare di Barents in cui persero la vita 118 persone e la cui gestione da parte del Cremlino sollevò numerose critiche (“Kursk” era appunto il nome dato al sommergibile, in onore di una delle battaglie più famose della seconda guerra mondiale). «Ora ecco che siamo di fronte alla fine di questo dominio, e ancora una volta questo ha a che fare con Kursk. La Russia ha voluto muovere guerra agli altri, e ora la guerra le sta arrivando dentro casa».

IL LEADER UCRAINO sceglie parole altisonanti e, soprattutto, menziona la pace come l’unico obiettivo che sta perseguendo Kiev. Sebbene l’operazione in territorio russo sia una mossa che sta dando i suoi frutti e che ha rimesso in oscillazione l’equilibrio del conflitto, è improbabile che possa rivelarsi decisiva: le forze a disposizione dell’Ucraina rimangono troppo esegue affinché l’attuale incursione si possa trasformare in una ampia controffensiva. A lato, con questa piccola svolta negli sviluppi bellici, il tema di cosa debba intendersi per “pace” ha riacceso alcune frizioni fra gli alleati del paese aggredito: se in Usa e in Europa c’è un sostanziale via libera per lo sconfinamento a Kursk, ieri Svizzera e Italia hanno siglato una dichiarazione congiunta in cui si impegnano a includere la Russia nei prossimi colloqui di pace. E il ministro degli esteri Tajani ha avvertito: «Le nostre armi non possono essere usate in Russia»