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AGRICOLTURA. Tre inchieste in pochi giorni tra Treviso e Verona: lavoratori impiegati nei vigneti o a raccogliere radicchio e zucchine

Cologna Veneta, operazione anti caporalato Cologna Veneta, operazione anti caporalato

Negli ultimi tre giorni in Veneto 33 braccianti sono stati trovati a lavorare in condizioni di schiavitù a Cologna Veneta, in provincia di Verona, altri tre sono stati trovati a raccogliere zucchine al nero a Fanzolo, sempre nel trevigiano, mentre una cinquantina che vivevano in un casolare di Oderzo, in provincia di Treviso, hanno denunciato di essere impiegati nei vigneti della zona fino a 14 ore al giorno, per 5 euro all’ora. In tutti e tre i casi sia i datori di lavoro che i lavoratori erano indiani, come Satnam Singh, il migrante morto a Latina perché il datore di lavoro non ha chiamato i soccorsi dopo che un macchinario avvolgi-plastica gli aveva tranciato il braccio.
La sua morte, oltre a far mobilitare la comunità indiana contro lo sfruttamento e il caporalato, ha riportato all’attenzione dei media il fenomeno delle sfruttamento del lavoro dei migranti nelle campagne e ha aumentato anche l’attenzione giudiziaria, in particolare sui lavoratori indiani.

IERI LA GUARDIA DI FINANZA ha indagato due cittadini indiani residenti a Cologna Veneta, in provincia di Verona, sequestrando beni per 475 mila euro. I due sono titolari di alcune aziende agricole e avrebbero ridotto in schiavitù 33 braccianti dopo averli aiutati a entrare in Italia, facendosi pagare da ciascuno 17 mila euro ciascuno. I braccianti sarebbero stati costretti a lavorare 12 ore al giorno, sette giorni su sette, per estinguere il debito. Il compenso, di 4 euro l’ora, era trattenuto dai loro datori di lavoro, che gli avrebbero anche tolto i passaporti e gli avrebbero vietato di allontanarsi dalle strutture in cui erano stati sistemati, in condizioni igienico-sanitarie precarie. I due imprenditori sono indagati per riduzione in schiavitù, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

MERCOLEDÌ MATTINA INVECE i carabinieri si sono presentati a sorpresa in un terreno agricolo a Fanzolo, in provincia di Treviso, e hanno trovato altri quattro indiani che raccoglievano zucchine sotto una pioggia battente. Solo uno è stato trovato in regola, mentre gli altri tre lavoravano al nero.

SEMPRE NEI GIORNI SCORSI, la Flai Cgil del Veneto ha denunciato il caso di una cinquantina di indiani da tempo ospitati in un casolare di Oderzo e costretti a lavorare senza sosta, per 5 euro l’ora e fino a 14 ore al giorno nei vigneti della zona, in particolare a Negrisia di Ponte di Piave. Dopo la denuncia, 13 di loro sono stati trasferiti in strutture protette grazie a un progetto anti-tratta.

Secondo la Flai Cgil, il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura nel Veneto non è «né isolato né marginale come si vuole far pensare» e « lo sfruttamento passa in larga parte attraverso le cooperative spurie, cioè senza terra, che offrono servizi alle imprese agricole di tutta la regione». I lavoratori più sfruttati sono quelli più deboli, come i pakistani e gli indiani, che arrivano in Italia grazie ai caporali, di solito loro connazionali, a cui pagano il viaggio, la ricerca di una casa in affitto, l’intermediazione e il trasporto nei campi.

IL RAPPORTO AGROMAFIE e caporalato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Cgil stima che nei campi italiani nel 2022 sono state sfruttate circa 230 mila persone, un quarto di tutti i braccianti italiani