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DECRETO MILLEPROROGHE. Lo stop dell’Antitrust alle «variazioni unilaterali dei contratti» era stato vanificato dal consiglio di stato. Così si resa necessaria una nuova norma: il divieto sarà solo fino a giugno? Bonelli: siamo basiti, Meloni continua a favorire le imprese che fanno extraprofitti

 Una bolletta stratosferica

Fra tutelare i consumatori dal caro bollette e tutelare gli interessi delle imprese di luce e gas, il governo Meloni sceglie convintamente i secondi.

Una norma del decreto Milleproroghe consentirà ai giganti di luce e gas, già ingrassati di extraprofitti in questi mesi, di poter di nuovo moltiplicare le tariffe in modo unilaterale. Approvata dall’esecutivo Draghi con il decreto Aiuti bis, la norma prevedeva che fino al marzo 2023 gli operatori non possano ritoccare al rialzo i contratti ancora in corso: le cosiddette “variazioni unilaterali del contratto”.

Con un 2023 che si annuncia ancora ad alto rischio caro-energia e inflazione, tutti si attendevano un prolungamento almeno a fine anno dell’anno. E invece non sarà così. Nello specifico, nella bozza circolata fino a sera, la norma proroga solo di due mesi, fino a giugno 2023, la sospensione delle modifiche unilaterali ai contratti di luce e gas, che però non si applicherà più ai rinnovi di quelli in scadenza: quindi le società fornitrici potranno modificare le condizioni generali sul prezzo rispettando il preavviso di tre mesi.

Giorni fa il Consiglio di Stato aveva reso necessario un intervento perché aveva accolto il ricorso di Iren annullando la sospensiva decisa dall’Antitrust a ottobre sugli aggiornamenti tariffari dopo la scadenza contrattuale.

Era necessario dirimere la questione dei rinnovi contrattuali. Per Antitrust anche i rinnovi risultavano «pienamente rientrare nel divieto” del decreto. E per questo aveva intimato a varie società – Iren (che ha subito fatto ricorso al Tar), Iberdrola, E-On e Dolomiti – di prorogare tutti i contratti in scadenza fino all’aprile 2023.

A dicembre poi Antitrust aveva esteso il provvedimento anche a Enel, Eni, Hera, A2A, Edison, Acea ed Engie, aziende che rappresentato l’80% del mercato italiano.

Ma ora tutto il lavoro dell’Antitrust è stato vanificato. Anche perché non è chiaro se la norma si applica anche a tutti i clienti che avevano già ricevuto una proposta di rinnovo, poi bloccata da Antitrust.

L’opposizione in parlamento prennuncia battaglia. «Siamo basiti – attacca Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra – . Se la norma sarà confermata, si consente alle compagnie energetiche di aggirare il divieto, imposto dal decreto Aiuti-bis, di effettuare variazioni unilaterali del contratto, questione su cui si era espresso anche l’Antitrust, bloccando i rinnovi con tariffe molto più care. Siamo pronti a presentare i nostri emendamenti per fermare i rincari anche in via retroattiva», continua Bonelli. «Le società energetiche che distribuiscono e vendono gas ed elettricità hanno conseguito extra utili per 50 miliardi di euro e, con la compiacenza del governo italiano, vogliono continuare a realizzarli modificando i contratti per aumentare le tariffe. Si tratta di quelle stesse società che, alla data del 30 novembre 2022, non avevano pagato la tassa sugli extraprofitti, tant’è vero che, a fronte di 10,9 miliardi di euro di entrate previste, il ministro Giorgetti ha stimato che ne siano stati versati solo 2,7», aggiunge. «Noi non staremo in silenzio – conclude Bonelli – presenteremo i nostri emendamenti al Milleproroghe».

In serata le proteste sembravano aver fatto breccia. Secondo fonti governative, la misura è ancora sottoposta a valutazioni politiche e tecniche del Mefe sarebbe in bilico con il governo al lavoro per evitare il via libera ai rincari che le società fornitrici potrebbero applicare nei rinnovi dei contratti in scadenza,modificando le condizioni generali sul prezzo rispettando il preavviso di tre mesi.

Nel frattempo arrivano stime nefaste sui rincari per il prossimo anno. Per l’Osservatorio nazionale Federconsumatori l’impatto che il 2023 avrà sui conti delle famiglie in un aggravio di 2.384 euro annui. Un andamento al rialzo trainato ancora dall’aumento dei costi dei beni energetici ma anche dai rincari nel settore alimentare