L'OTTIMISMO DEL PRESIDENTE. «Le cose non vengono mai da sole e spesso non vengono così rapidamente»
Draghi al Consiglio Europeo - Ap
«Non sono deluso. Non immaginavo una data precisa per la discussione ma il solito rinvio con linguaggio un po’ vago». Insomma, meglio del previsto. Draghi non si smentisce: il bicchiere è sempre mezzo pieno, di fronte ai colpi di freno si fa buon viso e si continua a martellare. Se trapela qualcosa di quella delusione che il premier nega, è nella formula che ripete più volte nella conferenza stampa al termine del Consiglio europeo: «Le cose non vengono mai da sole e spesso non vengono così rapidamente come uno pensava dovessero avvenire».
Il tentativo di accelerare sul tetto al prezzo del gas, il price cap, è riuscito solo in piccola parte. L’ipotesi di un Consiglio eccezionale in luglio, proposto proprio da Draghi, è sfumata. «Giustamente mi è stato fatto osservare che
non abbiamo ancora uno studio ma la commissione ha promesso un rapporto completo per settembre, da discutersi nel Consiglio di ottobre». Non sono i tempi che voleva l’Italia. L’analisi di Draghi è succinta ma chiara: il 70% dei prodotti hanno subito rincari in conseguenza dell’aumento del prezzo dell’energia. È una situazione già vissuta, anche se «la gente ha la memoria corta». Ogni volta che c’è un «forte e protratto aumento di una materia essenziale per la produzione» gli aumenti si allargano. Già oggi non dipendono più solo dal costo dell’energia, che comunque «conta ancora per il 40%».
Insomma, bisognerebbe «agire subito». Velatamente l’ex presidente della Bce prende anche le distanze dalla strategia della Banca, l’aumento dei tassi. Se si intervenisse subito col tetto l’effetto sarebbe anche «un contenimento del rialzo dei tassi di interesse». Ma «ci sono tanti timori, alcuni Paesi sono stati molto esitanti». Certo la posizione della Germania e anche dell’Olanda è molto cambiata e Draghi, che ha spinto più di chiunque altro in questa direzione, ci tiene a segnalarlo.
Ma dovranno passare almeno altri 4 mesi prima che la Ue si muova sul terreno del prezzo dell’energia, secondo modalità peraltro ancora tutte da definirsi. Di certo c’è solo il fatto che per Draghi la strada sbagliata è quella dei sussidi di Stato perché finisce che altri Paesi comprano l’energia dove grazie ai nostri sussidi il prezzo è più basso». Ma alla domanda precisa su come si possa tradurre in pratica il price cap, se applicandolo solo alla Russia o no, il premier sfugge. Buio pesto.
La domanda chiave è se l’Italia possa farcela, se ottobre non sia troppo tardi. «Certo che potrebbe essere tardi!», sbotta per un attimo Draghi. Poi recupera, assicura che comunque se dovessero esserci nuove emergenze un Consiglio straordinario sarebbe convocato immediatamente. Sul quadro interno ostenta ottimismo. La dipendenza dal gas russo è stata ridotta dal 40 al 25%.
L’Italia è in grado di fronteggiare l’inverno, grazie alle nuove fonti di rifornimento energetico trovate in questi mesi. Ma per quanto ottimismo il premier si sforzi di diffondere la preoccupazione trapela ed emerge quando, in inglese, risponde a una domanda sulla situazione sul fronte ucraino: «It’s Getting Difficult». Sta diventando difficile: «È diversa da un mese fa, quando gli ucraini avevano respinto i russi». Di un fondo comune europeo, l’Energy Fund, per fronteggiare la crisi si è appena parlato.
Non sarebbe una riproposizione del Recovery Fund anti-Covid: «La Commissione dovrebbe semplicemente accedere al mercato in maniera autonoma per poi prestare ai singoli Paesi». Ma i frugali resistono. La riunione del G7 aiuterà ma non sarà decisiva: «Per gli americani l’importante è il price cap sul petrolio». La Ue insomma si muove, ma con lentezza pachidermica a differenza di quanto avvenne col Covid. E il quadro politico italiano? Quello Draghi lo liquida nel modo più laconico possibile. Dopo la scissione dei 5S si sente più o meno forte: «Uguale». La squadra di governo potrebbe subìre modifiche? «No». I problemi seri non sono certo questi.