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da Alias             https://ilmanifesto.it/sezioni/alias

 

Culture e generi Tra barriere, pregiudizi antichi, sicurezze illusorie

Illustrazione di Paolo Beghini per il manifesto Illustrazione di Paolo Beghini per il manifesto

All’affermazione che si legge nel titolo del libro di François Jullien, L’identità culturale non esiste (Einaudi 2018), verrebbe immediatamente da aggiungere: «così come non esistono le identità di genere» e tutte le definizioni essenzialistiche di costruzioni storiche, soggette come tali a cambiamento. Nel momento in cui crollano i muri reali e simbolici che hanno differenziato e contrapposto in modo astratto e alienante realtà che hanno tratti comuni da scoprire, compare fatalmente anche la tentazione di tornare a rafforzarli.

A spingere in questa direzione è una nostalgia intrisa di retorica per un mondo che non solo sta mostrando la sua decrepitezza, ma anche le molte forme di violenza su cui si è costruito. Appellarsi oggi alla Patria, alla Famiglia, all’Italianità, al Femminile identificato con la Madre, significa tornare a fare argine contro cambiamenti che sono sotto gli occhi di tutti.

Accanto alla famiglia cosiddetta «naturale» – un uomo e una donna – sono nate e cresciute via via numericamente altre «forme di intimità», coppie omogenitoriali, altri modi per generare resi possibili dalle tecnologie riproduttive; alle «patrie», come comunità di appartenenza per nascita, la globalizzazione sembra aver aperto le frontiere verso quell’orizzonte più ampio che è «il mondo intero».

Rispetto alle crescenti ondate migratorie e alla comparsa sulla scena pubblica di soggettività non conformi alle figure dell’eterosessismo normativo che abbiamo ereditato, è ancora una volta lo «straniero», il «diverso» a spingere la politica verso derive autoritarie e repressive. E non è un caso che sia la scuola, il luogo primo della socialità dopo la famiglia, a dover rispondere al difficile compito di far convivere culture, lingue, differenze di genere e di orientamento sessuale, e a dover far fronte, al medesimo tempo, a interventi che lo ostacolano.

Tale è stata recentemente la Risoluzione Anti-gender del leghista Sasso che va in direzione opposta alle Linee Guida nazionali «Educare al rispetto, alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione», e un anno fa l’uscita del libro di Ernesto Galli della Loggia e Loredana Perla, Una proposta per la scuola dell’obbligo, Scholé 2023, in cui si chiede fin dall’istruzione primaria di mettere al centro l’«identità italiana», dal paesaggio, all’arte, a «quei caratteri che sono solamente suoi».

Nel momento in cui si avverte che la Patria e la Famiglia sono minacciate, è ancora il richiamo alla romanità, sia pure non nel modo statuario del fascismo, e al cristianesimo che dovrebbero rassicurare della sua grandezza. «Come non pensare subito, allora, inevitabilmente all’influsso che sull’identità italiana, su un’infinità dei suoi aspetti, hanno avuto Roma e il cristianesimo. Tutto in Italia parla ancora di Roma: dalla nostra lingua (…) alla forma urbis di tante regioni risalente al periodo romano, ai monumenti, alle rovine presenti dappertutto, ai fondamenti del pensiero giuridico e cioè della vita civile. L’influenza di Roma e della latinità nella formazione dell’identità italiana è stata pari solo a quella del Cristianesimo».

Il fatto che in nome delle «differenze» i popoli e i sessi si siano fatti la guerra per millenni sembra contare meno o passare addirittura in ombra, di fronte alle paure che sempre accompagnano la perdita di certezze ereditate inconsapevolmente, nella vita personale come in quella sociale e politica. Sappiamo bene che le «culture», così come le «identità di genere», hanno strutturato rapporti di potere. Il sessismo, il razzismo e il colonialismo hanno costruito ogni volta gerarchie tra popoli, sessi, sulla base della contrapposizione tra biologia e storia, animalità e civiltà, «nature» inferiori e superiori -, pur mantenendo l’ attrazione per il «diverso», in ciò che lascia intravedere di se stessi: modi di essere mai conosciuti o perduti.

Il libro di Samuel P. Huntington Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale (Garzanti 2000) se per un verso non sembra aver perso di attualità in un mondo dove la povertà, le guerre, le crisi climatiche spingono a un flusso immigratorio permanente, alimentando spinte difensive di carattere nazionalistico, identitario, per l’altro, nell’elenco dettagliato dei termini da cui nasce lo scontro – «progenie, religione, storia, valori, costumi, istituzioni» – non include l’appartenenza a un sesso, e cioè l’aspetto che dovrebbe essere notato per primo nella collocazione dell’individuo, il suo essere uomo o donna sulla base di costruzioni identitarie e schemi oppositivi analoghi a quelli delle civiltà.

Le «questioni di genere», il ritorno a forme arcaiche di violenza sulle donne, come i femminicidi, legate alla maggiore libertà nel voler decidere della loro vita, il calo delle nascite, la difesa del diritto all’aborto, il ricorso alle tecnologie riproduttive, il moltiplicarsi delle famiglie omogenitoriali, appaiono oggi tanto più allarmanti, proprio perché l’arrivo di migranti di culture diverse fa vacillare ulteriormente i «valori» tradizionali dell’italianità.

Se c’è difficoltà a trovare legami evidenti tra sessualità e politica, tra sessismo e razzismo, a riconoscere la parentela sempre più evidente tra le varie forme di potere e di violenza che hanno le loro radici nella cultura patriarcale dominante, forse è perché manca ancora un’analisi approfondita sul peso che hanno i richiami alle «differenze» e alle «identità» nel volere mantenere alzate barriere, chiusure localistiche, habitus comportamentali, pregiudizi antichi, sicurezze illusorie.

Un’indicazione di uscita da dualismi e da opposizioni alienanti, sorrette dall’idea di unicità e diversità irriducibili viene dal libro di François Jullien, e vale sia per la messa in discussione dello «scontro di civiltà» che per le «differenze di genere».

Il concetto che dovrebbe scalfire la rigidità dell’assunto identitario e avviare un percorso capace di riconoscere tratti comuni, è quello di «scarto».

«Lo scarto ci porta a uscire dalla prospettiva identitaria: fa riemergere non un’identità, ma quella che definirei una ’fecondità’ o, in altri termini, una ’risorsa’ (…) nel ’tra’ aperto dallo scarto ognuno dei due elementi entrando in rapporto con l’altro, smette di bastare a se stesso, oltrepassa il muro che lo portava a mantenere le distanze.(…) All’opposto del ’narcisismo’ delle piccole differenze’ che si richiude gelosamente su identità immaginate, gli ’scarti’ culturali sono dispiegamenti che aprono nuovi possibili e portano alla luce altre risorse. Essi fanno uscire la cultura dal solco della tradizione, il pensiero dalla comodità del dogmatismo – dall’essere ben pensante – e impegnano lo spirito in una nuova avventura».

Un tipografo socialista a Brisighella a cavallo fra Otto e Novecento /
Paolo Campana presenta il suo nuovo libro.
Dialogano con l'Autore Francesco Donati e Guido Mondini
Domenica 24 novembre 2024, alle ore 17.00, presso il Circolo ANSPI G. Borsi / Cinema Giardino, via Fossa 12 a Brisighella
 
 
Paolo Campana è un autore che si è guadagnato un suo piccolo spazio fra gli studiosi della storia della stampa e della tipografia.
Il suo libro precedente "Con ogni diligenza corretto e stampato - Stampatori, librai e cartari a Faenza dal XV al XVIII secolo" (Polaris Editore), pur nella sua ristretta localizzazione (Faenza e il suo territorio) è diventato un punto di riferimento per gli studiosi del settore ed è presente in numerose biblioteche in Italia e all'estero.
 
Ora, con questo suo nuovo libro «Nero di inchiostro – Ermenegildo Servadei un tipografo socialista a Brisighella (1891-1909)» (Tipografia Valgimigli), quasi come un autore di gialli o di thriller, "torna sul luogo del delitto".
Non è un saggio storico, non è un romanzo e neppure una raccolta di memorie. Forse, però, è tutte queste cose insieme.
Vi si narrano le vicende di un tipografo ravennate, Ermenegildo “Gildo” Servadei (1858-1929) che, dopo aver portato la stampa tipografica a Brisighella, sotto i Tre colli trascorse buona parte della sua vita.
Quella di Servadei è la storia di un tipografo che della sua arte fece uno strumento di lotta, non volendo allinearsi come fecero tantissimi suoi colleghi per evitare i frequenti guai che collaborazioni non gradite ai vari poteri erano in grado di provocare. 
Ermenegildo Servadei non aveva studiato ma era stato capace di colmare le ampie lacune della sua infanzia con accanite letture e frequentazioni altrettanto accanite di ambienti con orientamenti spesso rivoluzionari, in una Ravenna postunitaria in grande fermento.
All’inizio dell’ultimo decennio del XIX secolo, decise di trasferirsi a Brisighella dove, oltre alle proprie competenze, portò una visione del mondo non troppo in linea con gli orientamenti locali, tanto da essere etichettato come forestiero sgradito venuto a compromettere equilibri secolari. 
I suoi torchi furono testimoni - e non di rado protagonisti - dei turbolenti movimenti sociali e politici che attraversarono l’Italia a cavallo tra Otto e Novecento, e la sua bottega vide passare numerosi personaggi la cui notorietà di frequente echeggiò ben oltre i confini nazionali, da mons. Francesco Lanzoni a Ugo Bubani, da Armando Borghi a Benito Mussolini.
 
Voce narrante quella dell’unica figura immaginaria di queste pagine, Balilla, garzone della bottega, le cui parole, vero e proprio atto d’amore verso l’arte tipografica, ci accompagnano alla scoperta dei tanti interpreti che si alternano sull’animato e pittoresco palcoscenico rappresentato dalle strade del borgo di Brisighella.
Una storia appassionante.
 
La presentazione del libro è organizzata dalla Bottega Bertaccini di Faenza, in collaborazione con la Pro Loco di Brisighella.
 
Domenica 24 novembre 2024, alle ore 17.00, presso il Circolo ANSPI G. Borsi / Cinema Giardino, via Fossa 12 a Brisighella.
Dialogano con l'Autore Francesco Donati e Guido Mondini
 
 

 

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BOTTEGA BERTACCINI - Libri e Arte
Corso Garibaldi, 4 - 48018 Faenza (RA)
tel. 0546-681712
 

Nel 1923, il Trattato di Losanna ridisegna i confini del Medio Oriente, sancendo la divisione del Kurdistan fra quattro Stati: Turchia, Iraq, Siria e Iran.
Da allora, i curdi hanno attraversato decenni di repressione, violenze e genocidi, ma hanno sempre trovato la forza di resistere. Una delle manifestazioni più significative di questa resistenza si è sviluppata negli ultimi anni in Siria, dove, a partire dal 2012, la rivoluzione del Rojava è emersa come un esperimento unico di autonomia, basato sul Confederalismo Democratico, che promuove principi di democrazia diretta, emancipazione delle donne ed ecologismo.
 
Vi aspettiamo il 6 dicembre alle 20.45 al Prometeo per ascoltare le testimonianze di Chiara Manzi, inviata indipendente e autrice di reportage su migrazioni e Medio Oriente, e di Ashti Abdo, musicista il cui repertorio narra storia e cultura del popolo curdo.
 
Evento possibile grazie al contributo e alla collaborazione di: Anpi sezione di Faenza, Circolo Arci Giovanni Dalmonte di Castel Bolognese, Circolo Arci Pieve Cesato, Associazione “La Quercia” , Legambiente Faenza, Faenza Multietnica, Gruppo di acquisto solidale di Faenza e associazione Fronte Comune.
 
- Alessia Manzi, inviata indipendente e autrice di reportage su migrazioni e Medio Oriente. Dal 2018 scrive per diverse testate nazionali ed internazionali come Il Manifesto, L’Espresso, Micromega, La Repubblica, El Paìs, Balkan Insights, Die Taz. Per il giornale inglese The New European ha collaborato ad un’inchiesta a più mani sul naufragio della Manica avvenuto il 24 novembre del 2022.

- Ashti Abdo, Aleppo. Cantante, musicista, polistrumentista e compositore curdo. Suona il tembûr (saz) e altri strumenti come marranzano, percussioni, duduk (antico strumento della tradizione armena) e mandolino. Nel 2018 ha vinto il premio della rassegna musicale DoremifaSud (2018). Nel 2020 si è esibito come ospite al concerto di Capodanno del Teatro Massimo di Palermo. Nel 2021 e nel 2022 partecipa rispettivamente alle rassegne “Dal locale al globale” del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’università di Cremona ed a “L’Altra MusicaIncontri con le musiche etniche e popolari” del conservatorio Vivaldi di Alessandria. Con la formazione Abdo Buda Marconi, nel 2023 ha pubblicato Oltremura; disco entrato nella Transglobal Music Chart. Recentemente ha esordito con il gruppo FusaiFusa: il loro primo disco, Lamana, è uscito a marzo del 2024. Dal 2023 collabora con la pianista Eugenia Canale e la cantante Sonia Spinello per il progetto Flow.