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Ucraina Per la tregua, territori occupati alla Russia e sanzioni alleggerite. Il segretario di Stato Rubio: «Vogliamo l’accordo nel giro di giorni»

Il Segretario di Stato americano Marco Rubio esce dal Ministero degli Esteri francese a Parigi, giovedì 17 aprile 2025, dopo i colloqui ad alto livello sull'Ucraina e la sua sicurezza. (Julien de Rosa, Pool via AP) Il Segretario di Stato americano Marco Rubio esce dal Ministero degli Esteri francese a Parigi, giovedì 17 aprile 2025, dopo i colloqui ad alto livello sull'Ucraina e la sua sicurezza. – Julien de Rosa/AP

Accordi ma soprattutto disaccordi. Nelle ultime ore la diplomazia statunitense ha lasciato trapelare una serie di indicazioni e ipotesi per un cessate il fuoco in Ucraina di difficile lettura, alle quali si assommano le risposte come al solito ambivalenti e fumose di Mosca da un lato e la fermezza, anche piuttosto piccata, di Kiev.

A RIMETTERE insieme le tessere di questo scompaginato mosaico ieri è stata l’agenzia Bloomberg che, citando anonimi funzionari europei, ha rivelato l’esistenza di un piano che prevederebbe la cessione dei territori occupati alla Russia e un alleggerimento delle sanzioni. Lo avrebbe presentato l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff durante l’incontro che si è tenuto giovedì a Parigi, in cui erano presenti rappresentanti francesi, britannici, tedeschi e ucraini.

TUTTAVIA, non è chiaro se per “cessione” (cosa che con tutta probabilità riguarderebbe le regioni della penisola di Crimea, annessa dal Cremlino nel 2014, e delle oblast di Donetsk, Luhansk, Zaporzhzhia e Cherson) si intenda il riconoscimento internazionale del loro nuovo status o più semplicemente l’attestazione di quello che al momento è un dato di fatto. Nemmeno è chiaro se il piano di Washington si riferisca ai territori nella loro interezza o meno, visto che la Russia li controlla per ora solo parzialmente. Il vero “elemento forte” dell’ipotesi di Witkoff, in realtà, è la revoca delle sanzioni: un’eventualità che potrebbe ingolosire Mosca, alle prese con alcuni degli effetti dell’economia di guerra e delle restrizioni commerciali con i paesi occidentali (scarsità di forza lavoro, aumento dell’inflazione e difficoltà nel reperire componentistica per il rinnovo dell’arsenale militare).

QUANTO PERÒ questa proposta debba essere presa sul serio è un altro paio di maniche. Il segretario di stato della Casa Bianca Marco Rubio (anch’egli presente a Parigi) ieri alla stampa ha addirittura suggerito che gli Stati Uniti potrebbero non partecipare più ai negoziati. «Questa non è la nostra guerra, non l’abbiamo iniziata noi», ha affermato. «Dobbiamo capire al più presto, e intendo nel giro di giorni, se un accordo è fattibile. Se così non fosse, abbiamo altre priorità su cui concentrarci». Insomma, o Russia e Ucraina (e Europa) si decidono a smetterla in qualche modo o tanto peggio per loro. Vero è che nel corso del botta e risposta coi giornalisti Rubio esprime comunque una visione più sfumata della questione, riconoscendo per esempio la necessità di Kiev di difendersi e giudicando “positivi” gli incontri avvenuti giovedì così come i colloqui con Mosca. Ma tutto questo non può continuare in maniera indefinita, insiste, e gli Stati Uniti hanno oramai fatto ciò che era in loro potere. «Se una delle due parti si comporta da stupida, siamo pronti ad andarcene dal tavolo dei negoziati», ha minacciato poco dopo anche Donald Trump.

NEL FRATTEMPO il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha ricordato che ieri è scaduta la moratoria di 30 giorni per non colpire le infrastrutture energetiche cui la Russia aveva aderito lo scorso marzo. Una sorta di tregua su impianti e centrali che, a dire il vero, sembra essere stata poco rispettata da entrambi le parti. Peskov, naturalmente, accusa l’Ucraina. Dal canto suo, Kiev ha invece fatto sapere che l’inizio della moratoria era da intendersi la settimana successiva a quanto afferma Mosca e rigetta dunque le accuse. In effetti, il Cremlino aveva pubblicato sul proprio sito una lista di siti in territorio russo che sarebbero stati oggetto della moratoria il 25 marzo, specificando però che dal suo punto di vista la tregua era da intendersi il 18 marzo (quando è stata discussa telefonicamente con il presidente statunitense Trump).

A OGNI MODO, lasciando da parte le infrastrutture energetiche, non ci si è certo risparmiati nei combattimenti. Ieri, un altra giornata di sangue in Ucraina: nella città orientale di Kharkiv un missile si è abbattuto vicino a un palazzo residenziale, causando due morti e un centinaio di feriti – secondo le autorità locali. A Sumy (recente teatro di una grossa strage) un drone ha colpito un forno in attività, uccidendo una persona che si era recata a ritirare del pane per le celebrazioni pasquali e ferendo un altro dipendente. «Ecco come la Russia onora i valori della tradizione cristiana», ha commentato il ministro degli esteri ucraino.