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La comanda Le concessioni tangibili nella dichiarazione Italia-Usa dopo il tour transatlantico di Meloni: Rifiuto della web tax, un messaggio a von der Leyen, il caso della politica energetica e il 2% del Pil in armi, ma non c’è chiarezza sulle risorse. Nel quadro del "nazionalismo occidentale"

La presidente del consiglio Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ap La presidente del consiglio Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump – Ap

Sono almeno tre i messaggi che Giorgia Meloni ha elaborato nel tour transatlantico delle ultime 48 ore. Le Big Tech americane vanno difese dalle tasse europee; bisogna acquistare il gas naturale liquido oltreoceano; l’aumento della spesa militare (il 2%, per ora, in Italia) serve ad ammansire il presidente americano Donald Trump.

MELONI NON PUÒ NEGOZIARE sui dazi da sola, spetta alla Commissione Europea farlo. Tuttavia ha posizionato il suo governo a fianco di Trump. Per questo si è schierata contro l’ipotesi della presidente Ursula von der Leyen di tassare le multinazionali tecnologiche statunitensi come ritorsione contro i dazi annunciati da Trump e sospesi per tre mesi. «Abbiamo concordato – si legge nella dichiarazione congiunta con Trump – che un ambiente discriminatorio in termini di servizi digitali sia necessario per consentire gli investimenti delle aziende tecnologiche all’avanguardia. Sottolineiamo l’importanza della tecnologia dell’informazione per consentire la libera impresa attraverso l’Atlantico». «Libera impresa», qui, significa lasciare libero il campo agli opportunisti Amazon, Google o Facebook che vivono in Europa in un regime fiscalmente assai conveniente e hanno cercato protezione sotto l’ala trumpiana per allontanare ogni rischio. Ad esempio quello di una tariffa applicata a tutto il mercato unico e non solo un’imposta sulle vendite digitali che disposta individualmente dagli Stati membri. Questa sarebbe l’ipotesi alla quale starebbe lavorando von der Leyen nel caso in cui fallissero i negoziati con Washington.

LA MOSSA DI MELONI sulle Big Tech è un messaggio ai governi europei. A quello irlandese e tedesco, in particolare, che non condividono l’ipotesi ritorsiva di von der Leyen. I loro dubbi non sono solo legati alla possibilità che Trump risponda con dazi più alti, ma si basano soprattutto sulla consapevolezza del fatto che i data centers, il cloud, l’intelligenza artificiale sono in mano agli americani. L’Ue non ha autonomia tecnologica.

IL GOVERNO ITALIANO si è candidato a diventare «il data-hub regionale chiave per il Mediterraneo e il Nord Africa» si legge nel testo della dichiarazione. Meloni ha promesso di accogliere «gli investimenti americani nell’Ai computing e nei servizi cloud» e intende «utilizzare fornitori affidabili» per «proteggere le nostre infrastrutture e tecnologie nazionali critiche e sensibili». In questo linguaggio allusivo molti ieri hanno inteso un riferimento ai satelliti della Starlink di Elon Musk, il campione Usa della space economy, definito «amico» da Meloni. Un’idea che non sembra essere un modello di «sovranismo», ma un appalto della «sicurezza nazionale» ai trumpiani.

L’ALTRO MESSAGGIO di Meloni al tavolo delle trattative sui dazi tra Ue e Usa è sull’acquisto del gas naturale liquido. Dal 2008 gli Stati Uniti sono il primo produttore e il primo esportatore al mondo. Grazie alla fratturazione idraulica, il fracking, oggi l’offerta supera la domanda interna. Trump ha la necessità di aumentare la vendita di questo tipo di gas dopo che la Cina ha bloccato le importazioni. Una ritorsione contro la sua guerra commerciale. Meloni è corsa in soccorso a Trump anche per questa ragione. Non è un caso del tutto eccezionale. Sotto Biden le importazione di gas in Italia sono aumentate dall’8,5% del 2021 al record storico del 36,2% nel 2024. La crescita è avvenuta dopo la chiusura delle importazioni del gas russo a causa della guerra in Ucraina. I costi di questa materia prima fossile però sono superiori. Nella dichiarazione Trump e Meloni hanno definito l’operazione «reciprocamente vantaggiosa». Probabilmente non pensano a uno sconto-simpatia.

IL GAS NATURALE LIQUEFATTO è oggetto da mesi di un negoziato tra l’Ue e gli Usa. Bruxelles intende rinnovare la sua offerta di acquistarne di più per convincere Trump a scendere a più miti consigli sulle tariffe. Trump ha chiesto la cifra colossale di 350 miliardi di dollari in più per risolvere lo squilibrio commerciale su questa partita. Richiesta che aggraverebbe la crisi dell’industria in Europa, in difficoltà anche per i prezzi energetici gonfiati dalla speculazione. Fin’ora i colloqui con il commissario Ue al commercio Maros Sefcovic non sono decollati. L’intesa potrebbe farli partire. Sempre che gli europei riescano a coordinare gli acquisti. In caso contrario potrebbero gravare solo sull’Italia.

NELLA DICHIARAZIONE di Trump e Meloni si legge anche dell’«incrollabile impegno nei confronti della Nato». Meloni ha assicurato che «l’Italia sta mantenendo i suoi impegni e arriverà al prossimo vertice della Nato [a giugno, ndr.] con il 2% sul Pil per la difesa perché siamo una nazione seria». Per l’Osservatorio Mil€x il governo intende includere negli 11 miliardi all’anno in più, necessari per arrivare al 2%, le spese per i carabinieri, la guardia costiera e di finanza. Proposta respinta dalla Nato che vuole più soldi per i suoi giochi di guerra. A meno che Trump abbia concesso a Meloni un’esenzione. In caso contrario il governo dovrà trovare le risorse togliendole dal bilancio o aumentando le tasse. Le alleanze si pagano con comande salate.