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15 marzo I contributi sulla piazza di sabato

Lettere al manifesto. Per quale Europa manifestare? Manifestanti riescono sotto Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio – Mauro Scrobogna / Lapresse

Sono iscritto all’Anpi che, stavolta, non mi convince
Caro manifesto, da quando quella «matta» a Bruxelles ha urlato ”voglio 800 mld in armi” oggi ne spendiamo ca. 80, mi sono chiesto: ma i tempi quali sono? Ci vorrà qualche anno e intanto che succede, mentre i due imperi trattano sull’Ucraina a Riad e si fanno la pace che a loro conviene. Succede che noi europei facciamo esattamente quello che ci chiede Trump: distruggere l’Europa sociale, armare i singoli Stati, tenere l’intero continente sotto una minaccia presunta che annichilisce ogni idea di futuro e liberare gli Usa dal pensiero della Russia in modo da potersi occupare della Cina. Mi chiedo se con 6000 testate nucleari puntate contro di noi, oggi non fra tre anni, non sarebbe saggio tornare a fare politica diplomatica, lanciare ponti di pace a Est e in M. O., assolvere ad un nostro obbligo morale garantendo la vita (si proprio la vita nuda) dei palestinesi dei curdi degli yazidi degli alawiti e degli ucraini vittime innocenti di questa tragica commedia che è la geo-politica. Sono un iscritto all’Anpi Milano, ma questa volta sono in disaccordo con il nostro caro Presidente sull’andare alla manifestazione del 15 marzo, non so se sia utile una contro manifestazione. E per favore basta con quei sepolcri imbiancati dell’Ulivo (…)
Gigi Sanza, Milano

Vado a prendermi il sole
Buonasera caro direttore del manifesto , ho letto il suo articolo molto ben fatto e mi sembrava di averlo scritto io (con rispetto parlando), per quanto mi ci sono immedesimato. In particolare, condivido totalmente il senso di disagio e di insufficienza delle parole d’ordine con cui è stata convocata questa manifestazione. Io, da europeista (e federalista) incallito, provo un forte disagio e insofferenza a riconoscermi in questa Europa, per tutti i motivi che lei ha efficacemente illustrato. E questo sentimento aumenterebbe ancora di più così nel partecipare alla manifestazione del 15 marzo, a meno di dover fare troppi distingui e dissociazioni. Anche considerando i proclami annunciati e balbettanti di una difesa europea, che tutto sembra meno che comune e finalizzata a razionalizzare e ottimizzare spese già molto elevate, e quindi inutile e inefficace nel perseguire i pur giusti obiettivi di sicurezza (su cui molto si dovrebbe dire). Perché mancante di una visione politica condivisa a fondamento di una possibile difesa europea, e di cui dovrebe anticiparne la concezione e costruzione. Così, pur se sarà una bella giornata di sole, e c’è voglia di aria fresca, preferirò saltare questo giro e dedicarmi ad altro.
Cordiali saluti
Stefano Proietti

Non riesco a tacere
Non riesco a tacere di fronte alla confusa rincorsa di capi di partito, sindacati, associazioni che preferisco non nominare anche se non le giustifico nel rispondere prima e con più entusiasmo all’appello pubblicato da Michele Serra su Repubblica. Sapete tutti di cosa parlo, e mi permetto di confrontare il mezzo scelto, un giornale che non ha mai avuto riferimenti solidi a sinistra, e confrontarlo con gli appelli alla pace fra Israele e Palestina pronunciati da papa Francesco, prima costretto a parlare di martoriata Ucraina perché si era permesso di parlare di Nato che abbaiava ai confini della Russia.
Ci siamo appellati, pur non avendo nomi famosi, ai governi che combattevamo, perché non respingessero i migranti per mare, e non nascondessero ancor di più quelli della rotta balcanica, che fossero a Trieste, in Bielorussia e in Polonia. A ognuno il suo, Michele Serra. Se anche noi anonimi portassimo meno persone di te, dal basso veramente, le porteremmo perché stanno tutti i giorni con noi, facciamo le stesse cose, e combattiamo il capitalismo e i suoi servi, anche quelli più furbi
Marcello Pesarini

Nel segno dell’articolo di Francesco Pallante
Mi sembra che l’articolo di F. Pallante del 5 marzo colga precisamente nel segno, ponendo l’interrogativo: per quale Europa scendere in piazza? Certamente non per l’Europa che prospetta la Presidente della Ue, lanciata in una crociata bellicista che più sconsiderata è difficile immaginare, purtroppo accompagnata dal plauso del governo di K. Starmer e di tutti o quasi i conservatori europei. L’Italia rischia di accodarsi pur con esitazioni, trascinata dal mucchio guerrafondaio. È singolare constatare come si stia rievocando una inesistente e vetusta minaccia dell’orso russo, addirittura una minaccia esistenziale. Si continua a voler ignorare le radici dell’ aggressione all’Ucraina da parte della Russia e il ruolo nefasto della continua avanzata della Nato nell’Europa Orientale. Ma una Russia comunque drenata da tre anni di sforzo bellico non rappresenta certo “il pericolo esistenziale” che si vuole agitare come spauracchio. A vantaggio di chi? Solo dell’industria bellica, evviva la crescita del Pil. Il vero pericolo politico consiste nell’impoverimento progressivo di larghe fette di popolazione europea, nella morte dello Stato sociale e la crescita di una destra neofascista. E il pericolo esistenziale che incombe sempre più minaccioso arriva dallo scioglimento dei ghiacciai, dalle crepe del manto gelido della Groenlandia e dalla perdita della biodiversità, realtà rimosse come un brutto sogno (…)
Stefania Sinigaglia

Federalisti Europei
Come attivisti del Movimento Federalista Europeo, del Movimento Europeo e di altre organizzazioni abbiamo scritto una lettera aperta per spiegare le ragioni della nostra adesione all’appello di Michele Serra a scendere in piazza il 15 marzo, rivolgendoci a chi si sta giustamente chiedendo di «quale Europa» stiamo parlando. Crediamo sia importante aprire un dialogo con coloro che non ci saranno perché non hanno chiaro lo scopo della manifestazione o perché non lo condividono. In questo momento di grave crisi internazionale, occorre sostenere l’unità dell’Europa contro tutti quelli che, dall’interno e dall’esterno, la vorrebbero disunita e incapace di agire. Nel Manifesto di Ventotene, nato durante la Resistenza europea contro il nazifascismo, era chiaro l’obiettivo di liberare il continente, e progressivamente il mondo, da guerre, nazionalismi e imperialismi. Proseguendo su questa strada, auspichiamo di iniziare un percorso condiviso verso un’Europa democratica e federale, capace di avere un’autonomia strategica nei settori dall’energia, della tecnologia digitale e della politica di sicurezza comune. Per costruire una difesa europea non occorre aumentare le spese per il riarmo nazionale togliendo soldi al welfare, ma razionalizzarle su scala continentale per creare un esercito comune pensato come strumento difensivo con corpi civili di pace a disposizione dell’Onu, così da realizzare un nuovo ordine internazionale più inclusivo, sostenibile e pacifico.

Noi saremo dunque in piazza, guardando anche oltre il 15 marzo, per rinsaldare i legami tra i cittadini europei in nome di un’Europa libera, unita, solidale e di pace.
Nicola Vallinoto, Antonella Braga e Giulio Saputo

prime adesioni:
Diletta Alese, Giuseppe Allegri, Antonio Argenziano, Paolo Bergamaschi, Sara Bertolli, Grazia Borgna, Giuseppe Bronzini, Sandro Capitanio, Berardo Carboni, Antonia Carparelli, Renato Carpi, Gabriele Casano, Roberto Castaldi, Alessandro Cavalli, Filippo Ciavaglia, Giancarla Codrignani, Marcella Corsi, Pier Virgilio Dastoli, Stefano Dell’Acqua, Gabriella Falcicchio, Maria Sophia Falcone, Luigi Ferrajoli, Sofia Fiorellini, Michele Fiorillo, Alex Foti, Filippo Maria Giordano, Matteo Gori, Piero Graglia, Francesca Graziani, Giorgio Grimaldi, Piergiorgio Grossi, Ariane Landuyt, Claudio Leone, Guido Levi, Lucio Levi, Alberto Majocchi, Alessandro Marcigliano, Enzo Marzo, Fabio Masini, Pinuccia Montanari, Guido Montani, Bruno Montesano, Angelo Morini, Antonio Padoa Schioppa, Mimmo Rizzuti, Stefano Rossi, Vito Saccomandi, Elias Salvato, Cinzia Sciuto, Giorgia Sorrentino, Mauro Spotorno, Daniele Taurino, Valentina Usai, Giulia Vassallo, Giovanni Vetritto, Tommaso Visone, Marco Zecchinelli.

Per aderire: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ci si può fidare di una classe politica europea che negli ultimi 30 anni ha fallito clamorosamente analisi e impostazione politica su punti fondamentali dell’assetto geopolitico: dal nuovo quadro uscito dalla caduta dei regimi dell’Est alla globalizzazione ? Scambiando il tutto come un’apertura dei mercati propedeutica a una sterminata felicità collettiva, non guardandosi attorno quando scoppiarono le guerre nei Balcani, non valutando fenomeni come la crescita cinese (scambiata con quelle delle “tigri asiatiche” ipercapitaliste”) e incapace di regolare i termini concreti dello sviluppo tecnologico. I risultati del connubio popolari/socialdemocratici in salsa blairiana con l’adozione indiscriminata delle teorie liberiste mutuate direttamente dal reagan-tachterismo.
Adesso lo stesso gruppo dirigente erede dei Kohl e dei Prodi (che ancora interviene direttamente) ci chiama a un riarmo da 800 miliardi di euro che alla fine esalterà il nazionalismo (dato e non concesso che se ne possa realizzare un decimo di quanti auspicato da lor signori). Ci si può fidare, si può dar loro ancora credito?
Grazie
Franco Astengo

Diserterò la chiamata del 15 di “Repubblica”
Non parteciperò alla manifestazione di sabato, 15 marzo. “Diserterò” quell’iniziativa perché da una parte si celebrano i valori sui quali si fonderebbe l’Europa, cioè la pace e la democrazia, ma dall’altra si punta al riarmo destinando ben 800 miliardi di euro che saranno sottratti al Welfare. L’Europa ha sposato in pieno il detto latino “si vis pacem, para bellum”, cioè se vuoi la pace, prepara la guerra. Io ritengo che se vuoi la pace devi prepararla mentre questa Europa non ha fatto nulla per bloccare il conflitto in Ucraina ed ha sostenuto Israele nella sua guerra criminale contro i palestinesi. Quanto dovrà durare ancora il conflitto in Ucraina?

Quante vite si dovranno sacrificare ancora sull’altare del potere prima che si dica “basta”? Quale vantaggio può ricavare l’Ucraina dal proseguimento della guerra? Quale vantaggio possono ricavare l’Europa da una parte e la Russia dall’altra dal solco scavato fra loro stesse? Non sarebbe meglio che si proponesse, senza stancarsi, gli strumenti della diplomazia e della trattativa perché se vuoi la pace prepara la pace? Ricordiamoci che la pace si stringe tra nemici, trovando un equilibrio delle convenienze reciproche. La guerra porta solo morte, distruzione, odio, persino i vincitori hanno poco da rallegrarsi perché ci vorrà tempo per recuperare “la normalità della vita quotidiana”. Ecco perché la pace deve vincere e la guerra deve essere sconfitta.
Liliana Frascati

Ora 800 miliardi, a quando il sangue?
A meno di credere al detto secondo cui “o’ munno è comm uno so fa ‘ncap” (il mondo oggettivo non esiste e chiunque può costruirsene uno nella propria testa), la bandiera Ue con cui Serra chiede di essere in piazza il 15 marzo non può essere considerata un significante vuoto. Non lo è mai stata, non lo è oggi. La bandiera Ue veste von der Leyen mentre chiede 800 miliardi (a quando il sangue?) per il ReArm Europe. È quella della socialdemocratica danese Frederiksen col suo “spendere, spendere, spendere in Difesa”. Fino al 2% del PIL, al 3%, al 3,5%, e perché non al 5% come vuole Trump? Fino all’infinito e oltre! È quella di chi smania per un keynesismo militare: transizione non ecologica, ma a un’economia di guerra. Dal verde ecologia al verde militare il passo è breve. Dalla Francia dell’estremo centro liberista di Macron, alla Germania rosso-nera di Scholz e Merz, passando per l’Italia dell’ultradestra, tutti vagliano o iniziano a sperimentare soluzioni per la transizione dall’industria civile (a partire dall’automotive) a quella militare. La necessità e urgenza del riarmo è condivisa dalle principali famiglie politiche.

Si dividono sui dettagli. Riarmo nazionale o “difesa comune”? Cambia poco. L’“uomo Ue”, Romano Prodi, l’ha chiarito: il primo è necessario e può essere una tappa verso la seconda. Sembra di essere sbalzati al 1914, quando socialisti francesi e tedeschi – ma quelli italiani no! – votano i crediti di guerra, cedono alla guerra tra “nazioni” abbandonando quella di classe. Sventolare la bandiera Ue col “Partito di Repubblica” è fare il gioco di chi vuole il keynesismo militare. Vogliamo ritrovarci in piazza col nemico che marcia alla nostra testa? Chi porterà la bandiera della “pace” potrà salvare la propria coscienza, ma non cambiare la cifra politica. Che è già chiara: riarmo per proteggere i capitali europei nella competizione internazionale. Disertare la piazza di Serra e della bandiera Ue significa sottrarsi al bellicismo. Non per stare alla finestra, ma per costruire un’altra piazza. Che dica no al riarmo e all’economia di guerra. Sì a stanziare fondi, ma per “medici, non bombe”. Senza confusione o mezze parole. Nell’aprile 1915, sventolando bandiere rosse, centinaia di donne si unirono agli scioperanti a Prato al grido di “abbasso la guerra”. Eccoli i nostri valori, i nostri principi più belli. Portiamoli a Piazza Barberini a Roma sabato 15 alle 15:00.
Giuliano Granato, Portavoce Nazionale Potere al Popolo

Parole giuste per una piazza sbagliata. No all’economia di guerra
La piazza del 15 marzo non è la nostra piazza. Michele Serra, dalle pagine di “Repubblica”, ha chiamato ad una piazza per un’Europa libera e unita. Una piazza invocata all’indomani dell’umiliazione pubblica di Zelensky da parte di Trump, una piazza che nulla dice della necessità di Pace, una piazza che nulla dice sul piano Rearm che costerà 800 miliardi a danno della spesa sociale su scala europea. Non esiste un’astratta idea di Europa che valga più della Pace, della pacifica convivenza tra i popoli e di un’Europa dei diritti sociali e civili. L’appello all’unità dell’Europa che caratterizza la manifestazione del 15 marzo è distante dall’idea di Europa che la Cgil, non da sola, ha cercato di far vivere in questi anni.
L’idea di Europa che assieme abbiamo promosso ha attraversato le piazze italiane ed europee nelle manifestazioni per la pace e contro ogni guerra, nelle vertenze sindacali che invocavano politiche industriali e nel contrasto alle politiche liberiste.
La manifestazione del 15 marzo non promuove un’Europa diversa da quella bellicista, rappresentata dalle dichiarazioni di Ursula von der Leyen e di Macron, e che nelle scelte della Commissione Ue e del Consiglio europeo prepara l’economia alla guerra. Noi non cammineremo al fianco di chi vuole la guerra. Condividiamo la necessità di una forte e ampia mobilitazione per la Pace in raccordo con tutte le reti che da sempre sono impegnate su questo fronte.

Coordinamento nazionale Lavoro Società per una Cgil unita e plurale