Bocciate le richieste dei comitati, apertura solo sul voto ai fuorisede. Magi: «Hanno paura»
Supporter della Cgil e di PiùEuropa fuori dal Parlamento a Roma in sostegno al voto per i referendum – Marco Di Gianvito/Ansa
La bozza del decreto elezioni, circolata prima dell’inizio del consiglio dei ministri di ieri, aveva fatto per qualche ora esultare i comitati referendari. Nel testo provvisorio sembravano accolte tutte le richieste della Cgil e PiùEuropa per i quesiti sul lavoro e sulla cittadinanza alle persone di origine migrante: voto ai fuori sede ed Election Day al primo turno delle amministrative, per consentire la più alta partecipazione. Ma a neanche 10 minuti dall’inizio dell’incontro, Palazzo Chigi ha reso nota la versione reale del decreto. E, come prevedibile, dall’atto si percepisce che la posizione del governo non è cambiata: i referendum devono fallire.
IL DECRETO elezioni ha stabilito che il primo turno delle amministrative si terrà in due giorni, domenica 25 e lunedì 26 maggio, mentre per i referendum si voterà nelle date dei ballottaggi, l’8 e 9 giugno, a scuole chiuse. «L’affluenza è in relazione ai quesiti e non al giorno», ha tentato di minimizzare il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Tommaso Foti, ma per le opposizioni non è altro che «la conferma che l’esecutivo ha paura – come spiega Riccardo Magi di PiùEuropa – perché tra le ipotesi avanzate la data scelta è quella più sfavorevole alla partecipazione». «La strada è in salita – ha aggiunto durante il flash mob con matite gonfiabili organizzato davanti a Palazzo Chigi alla fine del Cdm – ma faremo di tutto per proteggere il voto degli elettori».
NELLA BOZZA del testo veniva paventato anche un meccanismo di partecipazione per i fuori sede, sia studenti che lavoratori (una platea stimata intorno ai cinque milioni di persone), punto dirimente per i comitati referendari.«Dobbiamo leggere le norme ma se fosse così si tratterebbe di un importante passo avanti», commenta Magi che ha anche ricordato a Foti come i referendum siano «sempre stati fregati dalla scelta di date estive al termine dell’anno scolastico, questa è storia di questo Paese, così come sono sempre stati neutralizzati anche con la mancanza di informazione».
L’ARROCCAMENTO del governo, che non ha nessuna intenzione di mettere in discussione quel che resta del Jobs Act e che ideologicamente avversa l’idea di facilitare l’accesso ai diritti di cittadinanza per le persone con background migratorio (come sa il segretario forzista Tajani che aveva provato a proporre un temperato Ius Scholae), aizza la minoranza. «Quella del governo è una forma di sabotaggio della democrazia», ha detto Angelo Bonelli di Avs, mentre il Pd, compattamente almeno su questo, parla di «decisione pilatesca, fatta con l’unico obiettivo di affossare la partecipazione popolare» (il senatore dem Marco Meloni) e di necessità di «una risposta forte, popolare, partecipata perché i cinque referendum possono cambiare la vita di milioni di cittadini», (il collega alla Camera, Arturo Scotto). Anche per il Prc si è in presenza di «furbizie di piccolo cabotaggio da parte dei soliti ladri di democrazia».
ADESSO si tratta di lavorare per provare a raggiungere il quorum. A partire dalla dovuta copertura informativa. Lunedì prossimo i comitati incontreranno Giampaolo Rossi, amministratore delegato della Rai. La campagna di comunicazione deve cominciare in tempo utile per consentire anche agli elettori di comunicare entro 35 giorni prima dell’apertura dei seggi, la volontà di votare in un comune e diverso da quello di residenza. «Sono tutte cose che non sono tecniche – nota Magi – sono il modo con cui si neutralizza la volontà popolare e pensare che questo è il governo che vorrebbe esaltarla per far eleggere direttamente il presidente del Consiglio ma poi hanno paura del voto referendario».